HAITI / La difficile democrazia nel paese più povero delle Americhe
Di Marianita De Ambrogio.
Soltanto due giorni dopo il suo insediamento, Aristide ha scelto Jean Marie Cherestal, 54 anni, un alto quadro del suo partito Fanmi (Famiglia) Lavalas, per dirigere il governo. Cherestal è già stato ministro della pianificazione e delle finanze negli ultimi 7 anni. A partire dall’aprile 1998, è stato anche coordinatore del Fondo Europeo di Sviluppo (Lomé IV). Cherestal ha dichiarato che il suo sarà un governo «di apertura», secondo gli auspici espressi dallo stesso Aristide nel suo discorso di investitura, in cui aveva offerto «un fiore di pace» a tutti i partiti, invitandoli al dialogo per uscire dalla paralisi politico-economica.
L’opposizione, riunita nella Convergenza Democratica, che va dagli ex del movimento Lavalas ai vari partitini duvalieristi – simpatizzanti cioè della antica dittatura –, non ha infatti riconosciuto i risultati elettorali e, rifiutando ogni partecipazione al governo di Cherestal, ha deciso di dar vita ad un “governo provvisorio di unità nazionale” che prepari nuove elezioni democratiche. Suo “presidente provvisorio” è Gérard Gourgue, fondatore della Lega haitiana dei diritti umani ed ex-ministro di giustizia.
Tuttavia, un’altra coalizione di recente costituzione, l’Alternativa per il Cambiamento, che raggruppa, come la Convergenza, organizzazioni politiche fuoriuscite dal movimento Lavalas e altri gruppi duvalieristi, si è dichiarata disposta a dialogare con Aristide ed è critica verso le posizioni della Convergenza Democratica.
Un terzo settore politico – l’Effort et Solidarité pour la Construction d’une Alternative Nationale Populaire (ESCANP) e il Partito Louvri Baryè (PLB) – ha preso le distanze da eventuali negoziati che, date le premesse, non sembrano destinati a cambiare di molto la situazione.
D’altro canto, a favore di una ripresa dei negoziati si è dichiarato il Gruppo di Iniziativa della Società Civile, che aveva svolto il ruolo di “facilitatore” durante gli ultimi incontri tra Fanmi Lavalas e la Convergenza Democratica.
Con l’insediamento del nuovo governo, in marzo, è stato nominato quindi un nuovo Consiglio Elettorale Provvisorio (CEP). Il programma generale del nuovo primo ministro è stato ratificato quasi all’unanimità dalle due camere, peraltro totalmente controllate da Fanmi Lavalas. Il governo è composto da 16 ministri e 4 segretari di Stato, in maggioranza membri o simpatizzanti di Fanmi Lavalas, anche se non mancano alcuni tecnocrati e persino personaggi legati al duvalierismo nonché sostenitori del colpo di stato militare del settembre 1991. «Siamo felici di poter dare alla società haitiana l’immagine di un gruppo di uomini e di donne che hanno compreso che le divergenze di opinione si devono mettere da parte di fronte all’urgente necessità di far uscire Haiti dal marasma», ha affermato Jean-Marie Cherestal. Il quale ha aggiunto che non tollererà corruzione, spreco e incompetenza.
Da parte sua, Aristide ha dichiarato che questa nuova fase non significa affatto «la morte del processo di dialogo» con l’opposizione; il nuovo CEP dovrà infatti organizzare delle «elezioni complementari» per il Senato, per poter correggere i problemi emersi durante le contestate elezioni del 21 maggio 2000. Almeno 4 noti duvalieristi fanno parte di tale Consiglio che, secondo Aristide, ha lo stesso «spirito di apertura» del governo.
Aristide punta, in sostanza, ad un collaborazione tra impresa privata e settore pubblico per stimolare la crescita economica, ridurre la povertà e creare nuovi posti di lavoro. Molti si chiedono tuttavia, come Aristide riuscirà a concretizzare tali obiettivi nei 5 anni del suo mandato, tenendo conto delle condizioni economiche haitiane, estremamente difficili. Il prodotto interno lordo è in caduta libera, il debito pubblico è prossimo ai 2 miliardi di dollari, la moneta nazionale ha perso quasi la metà del suo valore in 5 anni. In questo quadro, anche il ritorno al governo di connotati duvalieristi suscita legittime preoccupazioni negli ambienti progressisti, che non nascondono la loro disapprovazione per questa scelta di Aristide.
Di altro tenore sono state le reazioni del segretario generale aggiunto dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luigi Einaudi, che il 28 febbraio scorso si è detto felice di constatare che «finalmente ad Haiti, si passa dalle parole agli atti». Presentando al Consiglio Permanente dell’organizzazione emisferica un rapporto sulla sua missione ad Haiti, Einaudi ha dichiarato che le misure prese da Aristide lasciano intravedere «una buona apertura» che agevola un appoggio dell’OSA al rafforzamento delle istituzioni democratiche nel paese.
La comunità internazionale tuttavia oscilla fra un atteggiamento di accettazione del risultato elettorale, l’invito alla riconciliazione interna e le minacce di bloccare gli aiuti economici. Le organizzazioni per i diritti umani sono critiche nei confronti sia delle forze di governo sia dell’opposizione.
D’altro canto, negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli scontri tra sostenitori di Fanmi Lavalas e dell’opposizione. La base di Fanmi Lavalas chiede l’arresto di Gérard Gourgue, il quale a sua volta esige le dimissioni del governo. Gli scontri, piuttosto aspri, hanno bloccato in più occasioni la capitale Port-au-Prince, con un saldo di vari feriti. Si registrano assalti a sedi di partito, tra cui l’Organizzazione del Popolo in Lotta (OPL, già Organizzazione Politica Lavalas) mentre minacce di morte sono arrivate a Gourgue. Anche a Cap Haitien, nel nord del paese, si sono verificati gravi incidenti, in seguito ai quali Convergenza Democratica ha denunciato la situazione di violenza, repressione e persecuzione politica da parte del partito al potere ad organismi internazionali di difesa dei diritti umani.
Del resto, per farsi un’idea della situazione dei diritti umani ad Haiti, basta leggere l’ultimo rapporto di Amnesty International, reso noto in aprile. La situazione dei diritti umani – vi si legge – si è deteriorata in modo allarmante durante la campagna elettorale, segnata da un crescendo di minacce, atti di intimidazione e violenze. Amnesty invita, quindi, le autorità haitiane a rispettare gli impegni presi, sciogliendo i gruppi responsabili di violenze e assicurando alla giustizia quanti vi risultino implicati. Inoltre, Amnesty insiste sulla necessità di garantire l’indipendenza e le professionalità della polizia haitiana, cui esponenti si sono spesso resi colpevoli di un varie violazioni dei diritti umani, mentre in molti casi non hanno protetto i cittadini dalle esplosioni di violenza politica.
Per quanto riguarda, poi, la giustizia, il cui funzionamento è largamente insoddisfacente e costituisce un ostacolo notevole al rispetto dei diritti umani nel paese, Amnesty esorta le autorità a fare il possibile per rafforzarne l’indipendenza, l’imparzialità e l’efficacia. Le autorità devono, inoltre, prendere delle misure per proteggere da ogni forma di violenza e di intimidazione giornalisti, difensori dei diritti umani, altre personalità minacciate per le loro attività, conclude Amnesty.
In questo clima, i vari tentativi di dialogo tra governo e opposizione, per risolvere la crisi che si trascina dalle elezioni legislative del 21 maggio 2000, sono fin qui falliti. L’ultimo appello in tal senso è stato lanciato in maggio da Aristide ai partiti della Convergenza Democratica.
Pochi giorni prima, la Convergenza aveva rifiutato di partecipare ad un incontro organizzato tra il capo dello Stato e i rappresentanti dei settori “vitali” del paese, dichiarando di non riconoscere la presidenza di Aristide e di esigere l’annullamento di tutte le elezioni svoltesi nel 2000. Gli altri partecipanti all’incontro hanno, quindi, deplorato all’unanimità l’assenza dei rappresentanti della Convergenza, visto che tale raggruppamento politico è fondamentale per trovare una soluzione.
La paralisi politica è diventata insostenibile anche secondo rappresentanti delle chiese cattoliche e protestanti, del settore privato, delle associazioni socio-professionali e di altri partiti. L’Alternativa per il Cambiamento (AC), un raggruppamento dell’opposizione che pure aveva partecipato all’incontro dei primi di maggio, ha avanzato una proposta in vari punti:
- riconoscimento che Jean Bertrand Aristide, eletto il 26 novembre scorso, è il presidente della Repubblica con un mandato costituzionale di cinque anni;
- annullamento delle elezioni politiche del 21 maggio 2000 e di quelle del Senato del 26 novembre;
- formazione di un Consiglio Elettorale Provvisorio (CEP) indipendente, espressione della società civile; il nuovo CEP dovrebbe organizzare elezioni locali, municipali e legislative entro 9-12 mesi;
- nomina di un primo ministro da parte dell’opposizione e formazione di un governo di “coabitazione”, che ristabilisca l’ordine e la sicurezza, riapra il paese agli aiuti internazionali interrotti a seguito della crisi e crei condizioni per il rilancio dell’economia. Tale governo “misto” dovrebbe anche combattere la miseria e il carovita promuovendo programmi di microcredito per la produzione. Inoltre, dovrebbe varare sulla base di un consenso di tutti i settori, da raggiungere in appositi forum, un piano nazionale di sviluppo per i prossimi 20 anni, un nuovo codice di comportamento tra opposizione e potere in carica, tra governanti e governati. I risultati di tali forum, sarebbero sottoposti a referendum per forgiare un nuovo patto sociale e politico. Cosa di cui il paese ha senz’altro bisogno, ma fra il dire e il fare...