«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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COSTA RICA / O.Arias: presidente per un pugno di voti

L’8 Maggio 2006 si è insediato il governo di Oscar Arias Sánchez. Il suo mandato elettorale si annuncia estremamente fragile, con un parlamento frammentato, un’opposizione organizzata, un movimento sociale combattivo e serie difficoltà per realizzare il suo programma, il cui punto centrale è l’approvazione del Trattato di Libero Commercio. Come si destreggerà l’aquila di fronte alle tante lumache, termini con cui, rispettivamente, Arias designa se stesso e bolla i suoi avversari politici?

Di Amaru Barahona, sociologo nicaraguense residente in Costa Rica. Ha collaborato alla traduzione Anna Negri. Redazione di Marco Cantarelli.

Il neoliberismo che ha devastato l’America Latina  a partire dagli anni Ottanta ha conosciuto in Costa Rica e Uruguay le sue versioni meno ortodosse. Due sono state le caratteristiche principali.
Un ampio spettro di attività strategiche è rimasto nelle mani dello Stato:.telecomunicazioni, energia, banche, raffinazione del petrolio, previdenza, acquedotti, fabbrica nazionale di liquori. E, nonostante il deterioramento dell’estesa rete di servizi sociali costruita fra gli anni Cinquanta e Settanta, quando la crescita fu accompagnata da una politica sociale senza precedenti in America latina, con la sola eccezione di Cuba, il suo smantellamento è stato meno radicale e traumatico che nel resto del continente.
Inoltre, il Costa Rica è l’unico Paese del Centroamerica che ha realizzato una riconversione della sua produzione per l’esportazione, passando dai tradizionali prodotti da tempo in crisi – caffè, banane, zucchero, carne – a quelli cosiddetti “non tradizionali”, che oggi rappresentano le principali voci dell’esportazione – frutta e verdure tropicali, piante ornamentali, prodotti tessili e tecnologici che escono dalle maquilas –.
Anche l’industria turistica è la più fiorente fra i Paesi dell’istmo. Il dinamismo delle esportazioni e le entrate del turismo hanno permesso al Costa Rica di crescere, in modo modesto ma sostenuto dal 1984 ad oggi, raggiungendo un prodotto interno lordo pro capite di circa 4 mila dollari all’anno, un dato significativo pur scontando i noti limiti di questo indicatore.
L’eterodossia e la crescita economica hanno prodotto due fenomeni anomali nel panorama del neoliberismo latinoamericano.
Neoliberismo eterodossoIn primo luogo, non si è verificato un aumento significativo della povertà. Attualmente, questo indice è del 23%, di poco superiore al 18% registrato a fine anni Settanta.
In secondo luogo, non si è registrato un aumento consistente della disoccupazione, considerando che almeno fino ad oggi, ma non è detto che lo sarà in futuro, il Costa Rica è uno dei Paesi meta della popolazione nicaraguense senza lavoro.
Tuttavia, l’applicazione tutta particolare del neoliberismo in Costa Rica non ha impedito la crisi sociale, politica ed etica, comune al resto dell’America Latina. I piccoli produttori di granaglie – mais, fagioli, riso – sono scomparsi e attraversano una profonda crisi anche quelli di prodotti tradizionali come caffè e zucchero. La distribuzione del reddito si è polarizzata e, oggi, il salario reale ha un potere d’acquisto inferiore a quello di fine anni Settanta. I ceti medi si sono impoveriti visibilmente e gli strati più bassi di questa fascia di popolazione rasentano la soglia della povertà.
La spesa sociale pro capite è inferiore rispetto agli anni Settanta e i servizi sanitari ed educativi pubblici sono molto peggiorati, mentre si è data priorità alla privatizzazione di tali servizi. Il trasporto pubblico, che prima era eccellente, ora lascia a desiderare, e anche i progetti di case popolari si stanno estinguendo. Si sono imposti rapporti di lavoro “flessibili” e i lavoratori delle nuove generazioni stanno perdendo i diritti sociali acquisiti in passato: contratti a lungo termine, previdenza sociale, diritto alla pensione, preavviso di licenziamento, etc..
Tutti questi fenomeni di esclusione sociale sono accompagnati dalla propaganda di un modello di consumismo vorace che supera le reali possibilità dell’economia, genera frustrazioni e appetiti illeciti, e che ha come effetti visibili l’aumento dell’inquinamento nelle città, della delinquenza, della prostituzione, della tossicodipendenza e della violenza sociale e sessuale. L’atmosfera di insicurezza pubblica che si respira in Costa Rica ha poco da invidiare a quella degli altri paesi Centroamericani, mentre un esercito privato forte di 12 mila guardie armate, al soldo di 100 imprese, vigila su centri commerciali, supermercati, banche, aziende, università private, istituzioni, quartieri o case residenziali.
Crisi di credibilità del sistemaIn America Latina, dal 1948, soltanto il Costa Rica ha mantenuto vivo e funzionante un modello di democrazia liberale con caratteristiche rispettabili. Tuttavia, il neoliberismo ha progressivamente posto fine a tali qualità e condotto il modello politico ad una profonda crisi. Da metà anni Ottanta, si sono susseguiti con intensità e dimensioni sempre maggiori scandali e casi di corruzione nella classe politica.
I politici e, in generale, i partiti tradizionali – di Liberazione Nazionale (PLN) e di Unità Social Cristiana (PUSC) – ma anche il parlamento, il potere esecutivo, la magistratura e la politica in quanto tale, hanno prodotto un generale senso di disillusione e hanno perso credibilità agli occhi della cittadinanza. Persino ambienti della Chiesa Cattolica sono stati lambiti dalle indagini sulla morte del giornalista Parmenio Medina (per il cui omicidio, avvenuto il 7 Luglio 2001 nella capitale, è stato accusato come mandante e arrestato, fra gli altri, il sacerdote Minor Calvo, ndr). È evidente che la società costaricense sta assistendo ad un intenso degrado delle sue istituzioni tradizionali.
Pacheco: bilancio negativoIl presidente Abel Pacheco era stato eletto nel 2002 sulla base di un fragile consenso, rappresentando una corrente dissidente in uno dei due partiti tradizionali, il PUSC. Vinse, ma al ballottaggio, non avendo raggiunto al primo turno, per la prima volta nella storia del Paese, il 40% dei voti richiesti dalla Costituzione.  L’astensionismo, in quell’occasione, fu del 31,6%, cui va aggiunto un 2,5% di voti nulli e schede bianche. Al secondo turno, l’astensionismo è persino aumentato: 39%, più un 2% di voti nulli e schede bianche. Di fatto, quel 41% di costaricensi che si sono astenuti, hanno annullato o lasciato in bianco la scheda, ha rappresentato il “blocco elettorale” più consistente.
Al suo insediamento, Pacheco promise che avrebbe posto fine alla corruzione e avviato una politica a favore delle classi povere. Nessuna di queste promesse è stata mantenuta e il suo governo si è chiuso con un livello bassissimo di consenso popolare. Il culmine della crisi etica della classe politica si è raggiunto quando tre ex presidenti dei due partiti tradizionali sono stati accusati di corruzione. Due di loro, Miguel Ángel Rodríguez e Rafael Ángel Calderón, entrambi del PUSC, sono finiti in carcere e sono ancora sotto processo. Il terzo, José María Figueres, del PLN, è latitante all’estero. Lo stesso Pacheco è stato accusato di aver ricevuto un finanziamento illecito per la campagna elettorale, con una lunga lista di misteriose donazioni, fra cui risaltano quelle da parte del governo di Taiwan e dell’ineffabile famiglia Pellas del Nicaragua.
Il progetto oligarchicoDurante il governo Pacheco la povertà non è diminuita, attestandosi sul 23%. È cresciuta invece la concentrazione della ricchezza e la forbice fra ricchi e poveri. I salari minimi reali sono diminuiti. La crisi fiscale si è fatta più acuta, generando un tasso d’inflazione superiore a due cifre e ciò ha portato al progressivo impoverimento dei ceti medi.
Il potenziale di crescita del modello economico vigente sta rivelando i suoi limiti: le maquilas tessili stanno cedendo di fronte alla concorrenza cinese nel mercato statunitense. L’esportazione di prodotti agricoli “non tradizionali” sta riducendo il ritmo di crescita, anche per l’entrata in scena di nuovi concorrenti sui mercati nordamericani ed europei, che adottano la stessa strategia di sviluppo. Anche il turismo, l’unica attività che ha avuto positivi effetti moltiplicatori, sta riducendo il suo ritmo di crescita, a causa della concorrenza da parte di Paesi vicini e per il fatto che la domanda dei Paesi del Nord si mantiene invariata.
Tutto ciò limita la capacità di assorbimento della forza-lavoro da parte del sistema economico, aggravando i fenomeni di xenofobia, sempre più sordida, nei confronti degli immigrati nicaraguensi. La Legge sulla Migrazione, approvata nel Novembre 2005, è una fotocopia della legge in discussione al Congresso degli Stati Uniti, in cui si puniscono i clandestini e si penalizzano coloro che danno ospitalità o aiuto agli stranieri.
L’oligarchia costaricense si è ristrutturata come gruppo sociale, diversificando i propri investimenti diretti nelle moderne enclavi economiche promosse dal sistema e controllate in misura maggiore o minore dal capitale transnazionale, soprattutto statunitense: finanza, maquila industriale, prodotti agricoli “non tradizionali”, turismo, grandi media, commercio all’ingrosso di prodotti importati e servizi per le élites.
Si tratta di un’oligarchia che ha perso del tutto ogni vocazione all’indipendenza. Ai problemi economici, sociali e politici risponde con un’applicazione ancora più sistematica delle riforme neoliberiste, con il rafforzamento del suo potere oligarchico e senza mediazioni che possano distoglierla dal perseguire i suoi interessi. Con questa razionalità, guarda al Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti (TLC) come lo strumento più adatto per colmare la distanza rispetto all’ortodossia neoliberista. Ed è per questo che è stata scelta la figura di Oscar Arias, rappresentante politico di questo progetto di classe.
Alto astensionismoDopo le elezioni del 5 Febbraio scorso, si è dovuto aspettare più di un mese, fino al 7 Marzo per conoscere il nome del nuovo presidente eletto. I primi conteggi provvisori davano un virtuale pareggio fra i due candidati, Oscar Arias del PLN e Ottón Solís del Partito di Azione Civica (PAC). Entrambi sembravano aver raggiunto, più o meno, il 40% dei voti necessari per evitare il ballottaggio. Per questo, il Tribunale Supremo Elettorale ha dovuto ricontare i voti uno ad uno, prima di proclamare vincitore Oscar Arias, con 18.167 voti di scarto su Solís (Arias 40,92% e Solís 39,80%).
Al terzo posto, si è collocato Otto Guevara, del Movimiento Libertario, di  destra neoliberista, con l’8,48% dei voti validi. Il restante 10,8% si è diviso fra gli altri partiti, fra cui il PUSC, uno dei tradizionali schieramenti del bipartitismo, ora caduto nella quasi totale invisibilità politica con il 3,4% dei voti per il candidato presidenziale e soltanto 5 deputati. L’astensionismo è stato del 34,79%, la percentuale più alta degli ultimi decenni registrata al primo turno elettorale. I voti nulli e le schede bianche sono state pari al 2%.
La rete clientelare di AriasOscar Arias è già stato presidente fra il 1986 e il 1990, periodo in cui ricevette il Premio Nobel per la Pace per il ruolo svolto nei trattati di Esquipulas II (1987), che portarono alla fine delle guerre in Centroamerica. Oggi, Arias non è solo un rappresentante politico dell’oligarchia costaricense, scelto nell’attuale congiuntura economica come boccata d’ossigeno per rinvigorire la loro egemonia in crisi, ma è anche un magnate dell’economia fra i più rappresentativi della sua classe, con investimenti in diversi settori: nel gruppo finanziario SAMA, che controlla, possessore di buoni del Tesoro; nella zootecnia e nell’agroindustria di trasformazione di prodotti quali zucchero, alcool, etanolo, caffè, pollame; nel settore dei media con giornali ed catene radiofoniche, beni primari, produzione privata di energia, birre…
Per emergere come candidato, Arias ha tessuto una fitta rete di contatti clientelari in grado di interferire nei diversi poteri dello Stato. L’influenza di Arias sulla Corte Costituzionale è stata divulgata dall’intellettuale Guido Saénz, oggi Ministro della Cultura, che ha pubblicato un libro di sue memorie. Mediante un discusso ricorso di incostituzionalità, Arias è così riuscito a far annullare la proibizione per gli ex presidenti di essere rieletti, spianando così il cammino per la sua seconda candidatura.
Suo fratello Rodrigo Arias, posto a capo della campagna elettorale, è stato per lungo tempo consulente privilegiato del presidente Pacheco. In pratica, Arias si è impossessato ed ha assunto il controllo del PLN, mediante strumenti definiti fraudolenti dal segretario generale e dai dirigenti di questo partito che sono stati spodestati. Il controllo del partito gli ha permesso di controllare anche l’azione politica del PLN durante l’amministrazione Pacheco. Arias ha abolito le primarie all’interno di questo partito, si è imposto come candidato unico e ha scelto fra i suoi fedelissimi i candidati al parlamento del PLN.
Arias ha, quindi, favorito la nomina di Rocío Aguilar a Procuratrice Generale della Repubblica e della giudice Eugenia Zamora al Tribunale Supremo Elettorale. Secondo i media, entrambe sarebbero figure “vicine” al presidente eletto, eufemismo tipico del Costa Rica per indicare una subordinazione clientelare ad una rete di potere patrimoniale.
Nessun compromessoArias ha condotto una campagna elettorale basata sull’ostentazione e sull’assedio pubblicitario, spendendo più di 2 miliardi di colones (oltre 3 milioni di euro, ndr), quattro volte di più di Solís.
Da circa due anni, poi, i media controllati dall’oligarchia presentavano Arias come l’unico uomo di Stato in grado di risolvere la crisi del sistema politico.
Anche i sondaggi, prodotti di mercato che subordinano le tecniche di ricerca sociale ai tassi di profitto e che sono gestiti dagli stessi istituti feticcio che operano in Nicaragua – CID Gallup, Borge y Asociados, Demoscopía, UNIMER –, lo davano vincitore indiscusso già da un anno, con un margine di vantaggio rispetto a Solís del doppio dei voti.
Qualche giorno prima delle elezioni e in risposta a quanti osservavano  come tali numeri apparissero alquanto esagerati – ad esempio, rispetto alla scarsa affluenza al comizio di chiusura della campagna di Arias –, gli istituti di sondaggi hanno ridotto il vantaggio a 17 punti, secondo alcuni, e a 11,1 secondo altri; in entrambi i casi, però, non è mai stata messa in forse la vittoria di Arias per ampio margine.
Oltre alla manipolazione mediatica e dei sondaggi addomesticati, la campagna di Arias si è fondata su tre affermazioni propagandistiche: “Io sono il politico atteso e appoggiato dal popolo di cui il Paese ha bisogno; io approverò il TLC; io non discuto con nessun altro candidato, perché significherebbe concedergli parte del consenso di cui godo”. Una frase pronunciata quando un altro candidato lo ha invitato ad un dibattito, è indicativa del tipo di mentalità: «Le aquile vivono sulle vette più alte e da queste alture guardano verso il basso, ma non si disturbano a osservare ciò che fanno le lumache.»
TLC: il pomo della discordiaIn base alle elezioni del Febbraio scorso, la composizione dell’Assemblea Legislativa (il parlamento monocamerale, ndr) risulta estremamente frammentata: su 57 seggi, il PLN ne ha ottenuti 25, il PAC 17, il Movimento Libertario 6 e il PUSC 5. I 4 seggi restanti sono andati, uno ciascuno, a quattro micropartiti, due di destra e due di sinistra. Di conseguenza, nessun partito ha la maggioranza parlamentare, nemmeno quella semplice. Tuttavia, gli schieramenti ideologici favoriscono rapporti di forza favorevoli alla destra, soprattutto su due temi centrali per la società: il TLC con gli Stati Uniti e la questione fiscale.
I rapporti di forza in parlamento non corrispondono a quelli esistenti nella società, soprattutto per quanto riguarda il TLC. I sondaggi realizzati da istituti seri, che non subordinano i metodi di indagine per compiacere chi sollecita e paga l’inchiesta,  e cioè l’Istituto di Ricerche Sociali dell’Università del Costa Rica e la Scuola di Statistica della stessa Università, indicano che solo una piccola percentuale della popolazione è a favore del trattato. Il resto, o chiede un’informazione più chiara per pronunciarsi, o si oppone del tutto.
In ambito politico, la Defensoría de los Habitantes (equivalente al nostro difensore civico, ndr) si è espressa duramente contro il TLC e ha raccomandato al parlamento di non approvarlo. Una commissione di specialisti, nominata dal governo Pacheco per analizzare il documento, ha ritenuto opportuno richiedere il consenso della società sulla sua approvazione o meno.
Ma anche due importanti istituzione della società civile hanno assunto una posizione critica: la Chiesa Cattolica ha messo in guardia sulle conseguenze della sua applicazione, mentre la prestigiosa Università del Costa Rica ha inviato al parlamento un rapporto contrario all’approvazione. Se escludiamo le organizzazioni di categorie degli imprenditori, la maggioranza, ma non tutte, e alcune giunte direttive delle associazioni di liberi professionisti, il resto della società civile organizzata (sindacati pubblici e organizzazioni contadine, civiche, ambientaliste, culturali, universitarie, indigene, studentesche e femministe) si oppone fermamente al TLC ed è disposta a mobilitarsi per impedire che venga ratificato.
Irregolarità e arroganzaCirca il 15-20% dei seggi elettorali, in maggioranza situati nelle province in cui ha vinto Arias –Guanacaste, Puntarenas e Limón –, l’unico rappresentante di partito era quello del PLN. Nei fatti, il partito di Arias è stato l’unico a potersi permettere di retribuire propri rappresentanti in tutti i seggi. collegi. Inoltre, il Tribunale Supremo Elettorale ha eliminato la procedura di voto con impronta digitale e inchiostro indelebile, sostituendola con l’apposizione di una crocetta fatta a penna. Ciò rende più facile, qualora ve ne sia la volontà, la manipolazione del voto.
Nei fatti, il PAC ha denunciato numerose anomalie in 712 seggi: assenza delle liste elettorali, schede non firmate, voti in più rispetto al numero dei votanti iscritti, migliaia di schede scomparse. Per queste ragioni, il PAC ha chiesto di ripetere le votazioni nei seggi in questione, facendo tutte le verifiche del caso, richiesta di particolare rilevanza considerando il ristretto margine di voti di differenza fra Arias e Solís. Tuttavia, il TSE ha reagito con arroganza a tali richieste, sostenuto dai media che hanno scomodato per l’occasione argomenti parareligiosi, come la sacralità delle istituzioni e la mancanza di rispetto per la democrazia. Alla fine, il TSE ha respinto l’istanza del PAC. Di conseguenza, per molti cittadini il TSE è entrato nel novero delle istituzioni di cui non si ha più fiducia.
Movimento sociale indipendenteA partire dagli anni Novanta, in Costa Rica, ha preso vita un forte movimento sociale popolare, che ha colmato il vuoto politico lasciato dalla scomparsa dei partiti di sinistra più influenti. Oltre ai sindacati del settore pubblico, ancora molto importante, ne fanno parte una miriade di organizzazioni sociali: contadine, civiche, ambientaliste, studentesche, culturali, accademiche, femministe, indigene e cooperative.
Oltre alla sua grandezza e capacità di mobilitazione, tale movimento presenta due caratteristiche che, per fare un paragone con una realtà vicina, non sono visibili nelle deboli organizzazioni sociali del Nicaragua. In primo luogo, da vari anni si batte in maniera sistematica contro due nemici legati fra loro: la corruzione del sistema politico e il modello neoliberista. In tal modo, è riuscito a frenare l’avanzata dell’ortodossia liberale e nel 2000 ha organizzato una vera e propria insurrezione popolare, rimasta nella memoria collettiva come la lotta contro il combo eléctrico, che ha bloccato il progetto oligarchico-imperialista che pretendeva di privatizzare in maniera combinata i settori delle comunicazioni e dell’energia.
L’altra caratteristica che lo distingue dal Nicaragua è la sua completa indipendenza dai partiti politici in generale, e soprattutto dai partiti dell’oligarchia, il PLN e il PUSC. Inoltre, ha dimostrato indipendenza anche di fronte ai programmi imposti dagli organi che finanziano la cooperazione allo sviluppo.
Nel panorama attuale, questo movimento sta dimostrando un’ostinata resistenza contro l’approvazione del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, mettendo alle strette l’oligarchia e impedendo al Parlamento, almeno finora, di rettificare il trattato. Anche la sinistra intellettuale e accademica ha svolto un ruolo fondamentale in questo senso; infatti, ha studiato a fondo il testo del trattato per smascherarne la perversità, ha pubblicato libri, riviste, pagine web, comunicati e articoli, ha organizzato tavoli di lavoro e dibattiti in tutto il Paese, con un impegno che ha dato risultati straordinari per arrestare la schiacciante propaganda del governo, delle camere del commercio e dei think tanks (letteralmente, “serbatoio di idee”; si riferisce a gruppi o istituzioni, privati o pubblici, il cui compito è elaborare strategie e proporre soluzioni a problemi individuati, ndr), finanziati dagli Stati Uniti. L’analisi e la sensibilizzazione sono state accompagnate da mobilitazioni sistematiche e sempre più partecipate.
Svolta progressista della ChiesaLa nomina di monsignor Hugo Barrantes a nuovo Arcivescovo di San José ha stimolato una svolta progressista ai vertici della Chiesa Cattolica, dopo gli scandali che l’hanno investita e a seguito della uscita di scena di colui che per decenni è stato vescovo di San José, il conservatore monsignor Román Arrieta. Insieme a quella honduregna, la gerarchia della Chiesa Cattolica costaricense è oggi fra le più avanzate in Centroamerica. Il suo discorso è decisamente antineoliberista, anche se non raggiunge la brillantezza e la ricchezza concettuale delle parole del cardinale honduregno Oscar Andrés Rodríguez, Barrantes ha preso le distanze dal tradizionale appoggio che la gerarchia ecclesiastica era solita fornire ai partiti oligarchici. Nelle recenti elezioni, nemmeno si è unita al coro di apologeti di Oscar Arias. E Barrantes ha assunto una posizione critica rispetto al TLC, chiedendo una consultazione nazionale per decidere la sua approvazione o meno.
Otto Guevara: simbolo sessuale?Nella campagna elettorale, oltre all’esaltazione della figura di Arias,  i media e i sondaggi compiacenti hanno favorito anche l’ascesa politica del Movimento Libertario e del suo dirigente Otto Guevara, diffondendo una visione fondamentalista del liberismo economico, accompagnata da atteggiamenti populistici negli spot televisivi: del tipo, Guevara vestito di bianco che cammina su tappeti e che fa lavori comunitari con una pala in mano...
Dopo il PLN, il partito di Guevara è quello che ha speso di più per la propria campagna pubblicitaria, realizzata, anche in questo caso, in modo martellante. Guevara è stato trasformato in un simbolo sessuale agognato dalle donne costaricensi. Tanto che, nei citati spot, dopo aver lavorato di pala, distribuiva baci a presunte ammiratrici.
I risultati elettorali sembrano indicare che questo grottesco esponente della politica tica sia arrivato al culmine delle sue possibilità di crescita. Il suo partito ha ottenuto 6 deputati, lo stesso numero raggiunto nelle elezioni del 2002, mentre Guevara ha avuto l’8,48% dei voti nelle elezioni presidenziali, smentendo i pronostici che gli davano una quantità di voti vicina a quella raggiunta da Ottón Solís.
Proposta etica e progetto chiaroNelle elezioni del 2002, il PAC si era presentato con una proposta sostanzialmente etica, rivolta contro i vertici dei partiti tradizionali, PLN e PUSC, completamente erosi dalla corruzione. Ancora oggi, il PAC punta a modificare l’idea e la prassi politiche attraverso una rigorosa rivendicazione di morale pubblica.
Anche se da un punto di vista ideologico non si può definire di sinistra e anche se non ha ancora formulato una proposta sociale, questo partito ha assunto posizioni precise e importanti che si possono interpretare di opposizione al neoliberismo e di riscatto di una politica economica di taglio keynesiano. Il PAC difende un modello di Stato che interviene e regola il mercato, e sia in grado di dare al Paese una strategia e proteggere la società e l’ambiente. Per questo, è decisamente contrario alla privatizzazione dei settori strategici ancora in mano dello Stato. Piuttosto, delinea misure protezionistiche per sostenere la produzione interna. E soprattutto rifiuta l’approvazione del Trattato con gli Stati Uniti, anzi promette di ritirarlo dal parlamento e di sollecitare una rinegoziazione.
I tre limiti del PACA quattro anni dalla sua nascita come partito che cerca di svincolarsi dalla decadenza generalizzata del sistema politico tradizionale, è oggi possibile osservare i limiti e la portata del potenziale di trasformazione del PAC. Quali sono, dunque, i suoi limiti?
In primo luogo, l’enfasi riduttiva del programma proposto, centrato su una riforma etica del sistema politico. Tale riforma è imprescindibile, ma essendo un po’ vaga, rende difficile la coesione ideologica della sua militanza, tanto che nella passata legislatura quasi la metà dei suoi deputati hanno abbandonato il partito, seguiti da vari sindaci e consiglieri comunali eletti sotto la sua bandiera.
Un altro limite è il ricorso a valori promossi dall’oligarchia, come quello dell’esaltazione della specificità storica del Costa Rica. Tale visione spiega l’assenza di una vocazione latinoamericana e la miopia rispetto all’importanza di creare alleanze strategiche a favore della lotta antimperialista, per modesta e limitata che sia. Inoltre, è affine allo sciovinismo storico promosso dall’oligarchia, secondo cui il Costa Rica sarebbe superiore al Nicaragua e al resto del Centroamerica. Il fatto che i deputati del PAC abbiano approvato la fascistoide Legge sull’Immigrazione è indicativo in questo senso.
Un altro limite è la sua scarsa volontà o capacità di sviluppare strutture organizzative di base, soprattutto fra i più poveri, condannati a subire le logiche clientelari dei partiti oligarchici. Nelle elezioni del 2002, per il PAC votarono i ceti medi urbani e istruiti che vivono nelle province con maggior livello di sviluppo e che patiscono la pauperizzazione provocata dal modello liberista. Nelle elezioni del 2006 le tendenze dei grandi numeri non sono cambiate. Anche se il PAC ha ottenuto più voti in termini assoluti e relativi, ha vinto nelle province più sviluppate: San José, Alajuela e Cartago, mentre Arias ha vinto nelle regioni più povere, dove fra l’altro l’astensionismo è stato maggiore: Guacanaste, Puntarenas, Limón.
Ma il PAC ha anche tre meritiIl PAC si dimostra anche come un partito innovatore. Finora, infatti, ha dimostrato una politica coerente nelle due direttrici del suo programma: la lotta contro la decadenza etica del sistema politico e la spinta verso nuove forme di governo che rifiutino le reti clientelari e che difendano una comunicazione trasparente misurabile sulla distanza fra parole e fatti. Il PAC ha anche dimostrato di voler resistere al modello neoliberista e al suo consolidamento come sistema giuridico a seguito dell’approvazione del TLC, anche se come alternativa non presenti che un abbozzo di politica economica di stampo keynesiano, simile al fortunato modello economico socialdemocratico che il Costa Rica ha seguito fra gli anni Cinquanta e Settanta.
Un altro merito è che il PAC, in queste elezioni, si è consolidato come seconda forza politica, non troppo lontano dal PLN e contribuendo a ridurre al lumicino il PUSC, l’altra faccia della medaglia del bipartitismo oligarchico. Ha realizzato una campagna elettorale con pochi mezzi, un quarto di quelli usati dal PLN, con uno stile di propaganda sobrio ma efficace, e con un discorso privo di promesse demagogiche.
Infine, rispetto all’esaltazione mediatica della figura di Arias come statista-messia lungamente anelato, o alla caricatura cinematografica di Otto Guevara, la campagna di Ottón Solís è stata la più seria di tutta la classe politica del Paese. Una leadership che dimostra coerenza fra parole e fatti, sobrietà, cultura e flessibilità, ma anche rigore a difesa di certi principi. Al suo confronto, Arias è apparso sempre come un personaggio penoso, impacciato e affettato, retorico e impreciso, con uno stile ormai anacronistico, basato sull’autoesaltazione e le promesse vuote.
I problemi di AriasArias ha ricevuto, quindi, un mandato elettorale estremamente fragile, appoggiato soltanto dal 25,7% dell’elettorato. Le astensioni, i voti nulli e le schede bianche sono stati il 37%, espressione per lo più di una forte critica da parte dei cittadini, di una certa disillusione rispetto alla politica e di una sfiducia nelle elezioni. Mentre il 25,07% dei voti è andato a Solís, che propone un “fronte etico” antioligarchico e di opposizione al neoliberismo.
Inoltre, Arias si troverà di fronte a un parlamento frammentato, che per funzionare, richiederà continue negoziazioni.
Sarà quindi difficile per Arias mantenere fede alle promesse fatte, cioè rinnovare il modello neoliberista che in Costa Rica è in ritardo rispetto alla prassi ortodossa e, soprattutto, approvare lo strumento più sofisticato per realizzare questo scopo, il TLC. Durante la campagna e come sigillo della sua propaganda egocentrica, Arias ha insistito su un solo punto del suo programma: l’impegno ad approvare il trattato. Pertanto, questo punto si è convertito nel principale oggetto di scontro fra le proposte di Arias e Solís.
Considerando i risultati elettorali e la presenza di un movimento sociale combattivo, che collega la lotta alla corruzione con la lotta al neoliberismo, l’attuazione del programma di Arias può inasprire il conflitto sociale.
Quando gli scrutini dei voti davano ancora un pareggio quasi perfetto, per la prima volta, Arias ha assunto toni pacati e prudenti: «La casa è divisa, chiunque diventi presidente, dovrà negoziare». Ma dopo esser stato proclamato vincitore, è tornato a manifestare la sua ferma volontà di approvare il TLC.
Tuttavia, la difficoltà sta nel come riuscirci. Fra i suoi consiglieri si stanno prospettando due strade. La prima, quella probabilmente sostenuta dal fratello Rodrigo, risponde alle pressioni degli Stati Uniti per accellerare il processo, secondo cui  “bisogna farlo immediatamente; dopo alcuni mesi di bufera, le acque torneranno tranquille”. Strada pericolosa perché sottovaluta i rapporti di forza all’interno della società, in un Paese dove la repressione violenta non fa parte delle tradizionali forme dell’esercizio del potere.
L’altra strada è più vicina all’idiosincrasia della classe politica costaricense: “bisogna creare le condizioni e, una volta mature, approvare il trattato”. Questa sarebbe la via privilegiata dal presidente eletto. “Creare le condizioni” significa però creare divisioni e contraddizioni all’interno del movimento sociale per demotivarlo. E, soprattutto, significa attivare la potente macchina mediatica del sistema per generare una fobia collettiva, secondo lo slogan: “senza TLC, sarà la catastrofe”. Entrambe queste strade sono precarie. Entrambe portano al conflitto sociale che si profila all’orizzonte come uno spettro minaccioso.

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