EL SALVADOR / Elezioni: per un soffio, ma ha vinto l'FMLN
Di Elaine Freedman. Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.
Il 9 Marzo scorso, poco prima delle 9 di sera, il Tribunale Supremo Elettorale ha reso noti i risultati elettorali che hanno sancito l'elezione dei candidati dell'FMLN Salvador Sánchez Cerén ed Oscar Ortiz, rispettivamente a presidente e vicepresidente della Repubblica. Il margine di vittoria è stato strettissimo: l'FMLN ha prevalso con il 50,11% dei voti mentre ARENA ha perso con il 49,89%: una differenza di appena 6.364 voti; fatto sta che al ballottaggio vince chi prende un voto in più dell'avversario...
Una prolungata campagna elettoraleLa campagna elettorale era iniziata il 1° Ottobre 2013. Un mese dopo, il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) aveva dichiarato chiuso il periodo utile per la registrazione dei candidati, confermando la partecipazione di 4 partiti e di una coalizione di 3 partiti: i citati FMLN ed ARENA, oltre alla Fraternità Patriottica Salvadoregna (FPS), al Partito Salvadoregno Progressista (PSP) e alla coalizione Movimento di Unità, formata dal nuovo partito GANA (Grande Alleanza l'Unità Nazionale) e i tradizionali PCN (Partito di Conciliazione Nazionale) e PDC (Partito Democratico Cristiano).
Invero, i principali candidati erano già stati definiti nel 2012. Nell'Aprile di quell'anno, la candidatura di Salvador Sánchez Cerén e, nell'Agosto successivo, quella di Norman Quijano. Mentre la candidatura di Antonio Saca era rimasta in sospeso fino al Febbraio 2013, in attesa che prendesse forma la sua coalizione, il Movimento di Unità.
I sondaggi condotti nel 2012 e nei primi mesi del 2013 preconizzavano una battaglia difficile per Sánchez Cerén e l'FMLN. Quijano appariva in testa come candidato, anche se l'FMLN appariva il partito con maggiori consensi.
Secondo un sondaggio di fine 2012 realizzato dall'Istituto Universitario di Opinione Pubblica (IUDOP) dell'Università Centroamericana (UCA), Quijano era in vantaggio nelle intenzioni di voto con il 25,6%, seguito da Sánchez Cerén con il 16,1%. Secondo i media e, pure, la vox populi, Sánchez Cerén mai avrebbe potuto vincere. Perché, in quanto ex comandante della guerriglia, appariva in “cattiva luce”; per non essere un gran oratore e perché il suo essere un “professore” (prima di entrare nella guerriglia, ndr) non reggeva il confronto con il “dottore” (sottinteso, Quijano, ndr); eppoi per via dell'età (70 anni, ndr) e per i suoi tratti somatici indigeni; un candidato, dunque, non di “bell'aspetto”, anche se “sincero”, sul quale pochi sembravano disposti a scommettere. In breve, secondo tali critiche, Sánchez Cerén non rappresentava i valori di un modello in cui l'apparenza vale più del contenuto, aldilà della retorica sui “valori umani”.
Il posizionamento del candidato dell'FMLNDurante il 2013, l'FMLN si è, quindi, dedicato a “posizionare”, in senso elettorale, i suoi candidati, in particolare Sánchez Cerén. Un documentario, El Salvador mi historia, pubblicato per la prima volta in occasione del lancio delle candidature nel Novembre 2012, ha avuto una diffusione di massa. Anche due suoi libri, El buen vivir en El Salvador e El país que quiero, in cui Sánchez Cerén spiega le sue idee di base per governare il Paese, sono circolati diffusamente, a complemento della sua autobiografia, già pubblicata nel 2008.
Quindi, a fine 2013, è stata pubblicata un'altra opera, En el corazón del pueblo, in cui si segnalano le qualità umane della moglie del candidato, Margarita Villalta.
Nella sua propaganda, il partito ha insistito molto sulle virtù del candidato, mentre nella consultazione pubblica per elaborare il programma di governo venivano evidenziate le sue idee.
Tale strategia ha avuto successo. Secondo un sondaggio dello IUDOP del Maggio 2013, il candidato dell'FMLN era in testa con il 36%, seguito da Saca con il 28%, mentre Quijano era sceso al terzo posto con il 24,9%.
Corruzione e dispute interne indeboliscono ARENANel corso del 2013, le lotte interne ad ARENA sono state quotidiane. Al punto che, tra Gennaio e Aprile di quell'anno, 5 dei suoi 33 deputati hanno abbandonato il loro gruppo parlamentare.
Al riguardo, l'ex presidente del COENA, il massimo organo di direzione del partito, il magnate del caffè José Antonio Salaverría commentò: «Mi sono ritirato da ARENA per differenze con Paco Flores», in riferimento a Francisco Flores, ex presidente della Repubblica tra il 1999 e il 2004, poi presidente onorario di ARENA, divenuto, quindi, principale consigliere politico di Quijano, incarico nell'esercizio del quale sarebbe rimasto coinvolto in scandalosi casi di corruzione.
Anche un altro ex presidente del COENA, Walter Araujo, rappresentante del partito nel Tribunale Supremo Elettorale, poco a poco si è andato allontanando da ARENA, al punto che sia lui che la dirigenza del COENA hanno pubblicamente preso le distanze l'uno dall'altra.
Le rivelazioni sui casi di corruzione occorsi durante i vari governi presieduti da ARENA, in particolare quello guidato da Francisco Flores, si sono fatte sempre più forti e continue. Il 2013 è iniziato con lo scandalo relativo alla vendita di energia geotermica, noto come CEL-ENEL, culminato nel Novembre dello stesso anno con la messa in stato di accusa da parte del magistrato inquirente di 21 persone, tra cui 7 ex funzionari dell'Amministrazione Flores, per peculato e complicità nella truffa.
Pochi mesi prima, la Procura aveva ordinato l'arresto di 17 persone accusate di atti di corruzione approfittando della costruzione di una strada, inizialmente intitolata a Diego de Holguín, ma poi ribattezzata in ricordo di monsignor Romero (il vescovo fatto uccidere nel 1980 dal maggiore D'Aubuisson, fondatore di ARENA, ndr) all'essere completata ed inaugurata da Mauricio Funes, il presidente uscente. Jorge Nieto, ex ministro dei Lavori Pubblici nel governo di Antonio Saca, guidava la lista dei corrotti, accusato di peculato, mancato adempimento dei doveri e truffa aggravata. Al che, Nieto è fuggito e, nonostante un “allarme rosso” dell'INTERPOL, è riuscito a farsi beffe della giustizia fino a tempi recenti. A sua volta, l'ex ministro della Pubblica Sicurezza, nonché dirigente di ARENA, Hugo Barrera, anch'egli coinvolto, ha accusato il precedente ministro dei Lavori Pubblici, David Gutiérrez, di aver commesso un furto ancora più grande a danno dei fondi stanziati per la costruzione di tale strada. Lo scambio di accuse non ha fatto altro che alimentare il disprezzo popolare per il partito di destra.
Il caso Flores-TaiwanMa la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una donazione del governo di Taiwan consegnata allo stesso Francisco Flores, per assistere le vittime del terremoto del 2001 e combattere la criminalità organizzata.
Tutto è cominciato quando il presidente Funes ha reso noto che Flores era indagato negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro. Inizialmente, si era parlato di 10 milioni dollari, ma il governo di Taiwan ha precisato di avergliene consegnati circa 25 milioni. L'Assemblea Legislativa (il parlamento monocamerale, ndr) ha, quindi, istituito una commissione speciale per investigare il caso, davanti alla quale Flores, allora principale consigliere politico di Norman Quijano nella sua campagna elettorale, è comparso due volte: ripetendo di aver girato la donazione ai destinatari, senza tuttavia identificarli; dicendo di non ricordare esattamente le diverse donazioni ricevute in assegni a suo nome; sostenendo persino di aver consegnato quei fondi in «sacchetti di denaro»... Alla terza sessione della Commissione, Flores non si è presentato, così motivando la sua assenza in una lettera: «Ho collaborato con la Commissione in due lunghe sedute, le domande sono ormai ripetitive e ho risposto fino alla nausea. Non ho più nulla da aggiungere». La polizia ha cercato di prelevarlo per portarlo davanti alla commissione legislativa, ma almeno fino all'inizio dell'Aprile 2014, sembra aver fatto la fine di quella donazione: sparito.
I dissidi interni ad ARENA ed il coinvolgimento dei suoi dirigenti in casi di corruzione - compreso lo stesso Quijano, accusato di aver ricevuto un “favore” dall'allora presidente di ANDA (Administración Nacional de Acueductos y Alcantarillados, in pratica, l'ente nazionale che gestisce le risorse idriche e le fognature, ndr) Carlos Perla, la costruzione di un pozzo in una delle proprietà della sua ormai ex moglie, con soldi della cooperazione del governo giapponese -, hanno nuociuto molto a questo partito.
I sondaggi relativi al primo turnoQuasi tutti i sondaggi condotti nel 2014 davano un margine di vantaggio all'FMLN di 8-14 punti su ARENA.
Il Movimento di Unità, il partito di Tony Saca, che aveva raccolto consensi nella prima metà del 2013, li è andati perdendo, tanto che alla vigilia delle elezioni la sua percentuale era molto bassa. Per quanto abbia inteso presentarsi come «un candidato nuovo», capace di dare risposte a tutti i mali del Paese, Saca non è riuscito a far dimenticare la sua discussa attuazione come presidente del COENA e presidente della Repubblica.
Il 2 Febbraio si è, quindi, svolto il primo turno delle elezioni presidenziali. Vi ha partecipato il 55% degli aventi diritto. L'FMLN ha vinto con 1.315.768, voti, pari al 48,93% del totale dei voti validi. ARENA si è piazzata al secondo posto con 1.047.592, pari al 38,96%.
Il Movimento di Unità ha preso 307.603 voti, pari all'11,44%.
A seguire, il PSP con 11.314 voti (0,42%) e l'FPS con 6.659 (0,25%).
In tal senso, i risultati hanno confermato le previsioni dei sondaggisti, che pure preannunciavano che nessun partito avrebbe vinto al primo turno. Così è stato: all'FMLN sono mancati circa 27 mila voti per vincere; ed anche se ha vinto con il maggior numero di voti mai ottenuti da un partito nella storia elettorale di El Salvador, la legge stabilisce che se nessun partito raggiunge il 50% più uno dei voti al primo turno, si va al ballottaggio fra il primo e il secondo classificato.
Perché i sondaggisti hanno sbagliato i calcoli al ballottaggioIl secondo turno si è svolto il 9 Marzo, in una giornata trascorsa in forma molto tranquilla.
L'affluenza è cresciuta al 60% degli aventi diritto.
L'FMLN ha vinto, superando però ARENA di appena lo 0,22%. L'FMLN ha, sì, ottenuto quasi 180 mila voti in più voti del primo turno, pari ad un aumento del 13,7%, ma dal canto suo ARENA ha aumentato i suoi consensi del 42%, pari a quasi 450 mila voti.
Sia l'FMLN che ARENA hanno vinto in 7 dipartimenti (province; El Salvador ha una superficie poco meno inferiore a quella dei nostri Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, accorpati, ndr) ciascuno. Al primo turno, 13 dipartimenti erano andati all'FMLN e solo 1 ad ARENA.
Lo scarso margine di vittoria dell'FMLN è stata la grande sorpresa della giornata. Ad eccezione dell'istituto Mitofsky, tutti i sondaggisti davano l'FMLN in testa con 10-16 punti di vantaggio, preconizzando un suo ulteriore avanzamento nel secondo turno.
Le cause di tale abbaglio sono molteplici. Nel Salvador, va riconosciuto, l'egemonia cultural-ideologica continua ad averla la destra. In materia religiosa, nel forgiare il pensiero di genere, in questioni come l'aborto e le scelte sessuali, pochi sono i passi avanti fatti. La sottomissione continua ad essere la caratteristica principale nelle relazioni personali, lavorative e sociali, mentre il “lasciar perdere”, invece della giustizia, è considerato la base dell'armonia e della pace.
Da questo punto di vista, optare per il cambiamento, per un partito che si dichiara socialista e per un candidato che, oltre ad essere stato comandante guerrigliero, si caratterizza per la sua umiltà e semplicità, è stato un atto di ribellione e di coscienza di quella maggioranza popolare che ha dato il voto all'FMLN.
I risultati indicano anche che c'è un grande blocco di persone che ancora non riesce ad emozionarsi per il cambiamento, anche se, oggettivamente, da esso ha già tratto benefici nel periodo 2009-2014. La stragrande maggioranza degli elettori salvadoregni appartiene alle classi subalterne, perché questa è la composizione sociale del Paese. Molti sono beneficiari dei programmi sociali del governo di Mauricio Funes e, in generale, guardano male ARENA per i suoi livelli di corruzione.
Tuttavia, molta parte di questa fascia di popolo ha votato ARENA al secondo turno. In essa, prevale ancora quella che Paulo Freire chiamava la «coscienza magica»: cioè, il sentirsi impotente di fronte ai problemi che li attanaglia; il considerarsi inferiore al potere; percepire la realtà passivamente ed accettarla senza comprenderla; l'aspettarsi la soluzione ai problemi dalla fortuna, dal destino, dall'alto, dal soprannaturale. Questo modo di stare al mondo è un retaggio della lontana Conquista e del tradizionale autoritarismo.
Una campagna elettorale all'insegna della pauraA tale fascia di popolazione, più vulnerabile, si è indirizzata la campagna di paura orchestrata da ARENA nelle settimane precedenti il ballottaggio, secondo le linee tracciate da Juan José Rendón, un esperto venezuelano che presiede un istituto leader nella “guerra psicologica” contro le esperienze progressiste e rivoluzionarie in America Latina, nominato consigliere di ARENA nel Dicembre 2013, per organizzare la sua campagna elettorale.
In vista del primo turno, la campagna di paura si è centrata sulla violenza delle bande giovanili e sulla tregua tra le stesse bande, pattuita il 9 Marzo del 2012. ARENA accusava l'FMLN e il presidente Funes di «essere sceso a patti con i delinquenti», adducendo che la violenza sociale fosse aumentata nel Paese, il che non è confortato dai dati. Di conseguenza, la propaganda insisteva nel presentare Norman Quijano come l'unico in grado a fronteggiare con coraggio i criminali.
Tuttavia, nella campagna elettorale per il ballottaggio, quel tema è passato in secondo piano. Forse, ARENA ha compreso di aver commesso un errore ed ha cercato di orientare la paura su altre due direttrici: una di queste, la paura di perdere il posto di lavoro.
La paura di perdere il lavoroGià al primo turno, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale aveva ricevuto 215 denunce di dipendenti i cui datori di lavoro avrebbero cercato di condizionarne il voto. In 213 casi le pressioni erano favorevoli al voto per ARENA e in 2 casi per l'FMLN.
Un popolo con una coscienza critica sviluppata potrebbe pure ricevere minacce dai datori di lavoro, persino offerte di denaro in cambio di voti, e, tuttavia, votare liberamente il giorno delle elezioni. Tuttavia, nelle precedenti elezioni, alcuni lavoratori erano stati costretti dai loro capi a mostrare una fotografia della scheda elettorale votata; il che, ovviamente, dava più più peso alla coercizione. Di conseguenza, in queste ultime elezioni, il TSE ha vietato l'uso di macchine fotografiche o telefoni cellulari nei seggi. Togliendo così forza alla paura indotta, ma forse non efficacia.
Lo “spettro venezuelano”L'altro timore sparso a piene mani da ARENA in vista del ballottaggio derivava dalla sua manipolazione dell'attuale crisi in Venezuela. C'era da aspettarsi che le vicende venezuelane, a partire dai moti violenti iniziati il 12 Febbraio, sarebbero state utilizzate nella campagna contro l'FMLN. I tentativi violenti della destra venezuelana di troncare la rivoluzione bolivariana sono stati abilmente manipolati dai media per resuscitare i vecchi fantasmi anticomunisti e accreditare nell'immaginario collettivo l'idea che una vittoria dell'FMLN avrebbe favorito uno scenario di caos, violenza e penuria di beni.
Il caso FerrariUn'altra invenzione del citato venezuelano esperto in “rumorologia” (la tecnica, cioè, di diffondere voci allarmistiche, se non proprio false, ndr) è stato il cosiddetto caso Ferrari. Alla vigilia del secondo turno, in un incidente automobilistico, il miliardario salvadoregno Edward Kriete ha distrutto l'auto di lusso che guidava, di notte. Ciò ha coinciso, temporalmente, con un intervento chirurgico cui si è sottoposto il presidente Funes. Cercando di alimentare la curiosità morbosa popolare, ARENA ha montato una campagna mediatica basata su montaggi fotografici e vaghe speculazioni tese a far credere che il passeggero della Ferrari non fosse Kriete, ma Funes; e siccome Kriete era uscito indenne dall'incidente, la “voce” diffusa ad arte sosteneva che a fuggire fosse stato Funes, accusato da ARENA di dipendenza da alcol e droghe, finendo poi in sala chirurgica. Successivamente, è stata diffusa un'altra versione secondo la quale Kriete era alla guida della macchina e Funes il passeggero.
Dodici giorni è durata tale campagna diffamatoria, tesa a insinuare nel popolo salvadoregno dubbi sulla condotta morale del presidente, costata milioni di dollari e sviluppata grazie alla complicità dei media di destra, privi scrupoli. Successivamente, lo stesso Kriete si è assunto la responsabilità dell'incidente, negando ogni coinvolgimento di Funes, ma il danno ormai era fatto. Come dice il proverbio: calunnia, calunnia, che qualcosa resta...
L'impatto della campagna di pauraSu quale fascia di elettorato ha avuto più effetti la campagna di paura di ARENA? Soprattutto, su quella parte che aveva votato per il Movimento di Unità al primo turno. Una popolazione per lo più conservatrice, tradizionale, poco attiva politicamente e, sul piano socioeconomico, di scarse risorse.
Dopo il primo turno, Antonio Saca e gli altri dirigenti del Movimento di Unità hanno stretto alleanza con l'FMLN. Di conseguenza, si sono cominciate a vedere in giro le bandiere di questo movimento accanto a quelle dell'FMLN, lasciando progressivamente luogo solo a quest'ultime.
Saca si è alleato in maniera discreta con l'FMLN per pragmatismo politico, dal momento che non avrebbe potuto accreditarsi come astro nascente della destra nel caso si fosse alleato ad ARENA per il secondo turno. Tuttavia, la gente che ha votato per il suo Movimento non è organicamente legata a questo nuovo partito, né vanta un pensiero politico consolidato.
Si può, dunque, ragionevolmente supporre che la stragrande maggioranza dei 307.603 voti ottenuti da Saca al primo turno, così come i 17.973 voti ottenuti da FPS e PSP – entrambi partiti composti prevalentemente da militari, ex militari e paramilitari – si siano riversati su ARENA al secondo turno.
ARENA “sul sentiero di guerra”Nonostante la credibilità e il rispetto di cui gode il Tribunale Supremo Elettorale, ARENA ha cercato di negare la sconfitta. La sera di Domenica, a urne chiuse, Quijano si è proclamato vincitore, dicendosi “sul sentiero di guerra” per difendere la sua presunta vittoria e commettendo persino il reato di sedizione nel chiamare le forze armate a «stare all'erta» di fronte ad una possibile frode elettorale; il che gli è valso un comunicato dell'Alto Comando dell'esercito di rifiuto dell'incitamento a violare l'ordine costituzionale, immischiandosi nel processo elettorale.
Sul modello della destra venezuelana, uno stile inedito per la destra salvadoregna, ARENA ha inscenato per oltre una settimana manifestazioni virulente nelle strade per denunciare la presunta frode elettorale. Senza successo, ha tentato di coinvolgere il procuratore generale della Repubblica in questa campagna. Inoltre, sempre seminando paura, ha accusato la direzione delle carceri di aver liberato migliaia di detenuti perché votassero, illegalmente. Quindi, ARENA si è ritirata ben due volte dal presenziare il conteggio finale, facendo ricorso alla Corte Costituzionale, sua fedele alleata tra le istituzioni dello Stato, perché questa dichiarasse «incostituzionali» le elezioni svolte.
Nei media di proprietà dell'oligarchia o di suoi alleati, i titoli sottolineavano la rabbia di ARENA. Al punto che fino ai primi di Aprile, essi si sono ben guardati dal proclamare Sánchez Cerén vincitore delle elezioni e, quindi, futuro presidente della Repubblica.
Fin dove si spingerà ARENA?Le accuse di frode formulate da ARENA sono state respinte dagli osservatori dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e dall'Unione Interamericana di Organismi Elettorali (UNIORE). Da parte sua, l'ONU ha espresso fiducia nel TSE salvadoregno, elogiato la trasparenza del processo elettorale e chiesto di rispettare e far rispettare il lavoro svolto dal TSE, in quanto massima autorità in materia elettorale nel Paese.
Tuttavia, ARENA ha continuato la sua campagna di denuncia, minacciando di dar vita ad un «governo parallelo» ed insistendo che non avrebbe riconosciuto legittimità al governo del FMLN. Tuttavia, nell'ultima settimana di Marzo, dopo il riconoscimento del risultato elettorale da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, anche ARENA ha ammesso la vittoria dell'FMLN.
Quali minacce sono reali e quali vuote? La minaccia di un colpo di Stato sullo stile honduregno disegna uno scenario improbabile. Anche se ci sono ancora militari ed ex militari ansiosi di sbarrare la strada alla democratizzazione, essi non controllano l'intero apparato della Difesa. Un colpo di Stato allo stile venezuelano, secondo lo schema in atto nelle strade di Caracas, pare anch'esso poco realistico, dal momento che la destra salvadoregna che storicamente è ricorsa alla repressione di massa e agli squadroni della morte, non ha tuttavia alcuna tradizione di lotta nelle strade allo stile fascista. Anche se dispone delle risorse finanziarie per mantenere un gran numero di persone per le strade, le probabilità che queste persone si mantengano attive a lungo sono minime. Un colpo di Stato come quello occorso in Paraguay nel 2012? In quel caso, una manovra della fazione maggioritaria della destra parlamentare paraguayana estromesse il presidente Fernando Lugo. Ciò non sarebbe possibile nel Salvador, almeno nel primo anno del nuovo governo dell'FMLN, giacché ARENA non ha la maggioranza in parlamento. Se volesse seguire questa strada, dovrebbe investire molte risorse per assicurarsi la maggioranza nelle elezioni legislative e municipali del Marzo 2015. Tuttavia, il popolo salvadoregno non è il popolo paraguayano e vanta una lunga storia di lotte di massa e, pure di lotta armata. Esso, inoltre, conta anche su un partito forte e rafforzato dall'ultimo voto, nonché su di un movimento sociale pronto a serrare le fila con l'FMLN quando si tratta di scontrarsi con la destra economica e politica.
La sfida sta nel “conquistare cuori e menti”Le sfide per qualsiasi governo al suo inizio sono molteplici. Nel caso dell'FMLN, che mira non solo ad amministrare il sistema ma a cambiarlo, le sfide sono maggiori.
Il governo di Mauricio Funes è stato concepito dall'FMLN come un governo di transizione. Durante lo stesso, le forze popolari sono riuscite a guadagnare posizioni nelle istituzioni dello Stato, un processo di riforme sociali è stato avviato, le privatizzazioni hanno conosciuto una battuta d'arresto e sono state tagliate le unghie alla corruzione in seno allo Stato. Tuttavia, non sono stati fatti passi avanti nel processo di trasformazione strutturale della società.
Nella sua autobiografia Con sueños se escribe la vida Sánchez Cerén scrive: «Per noi è indispensabile arrivare al governo, ma non è sufficiente. È necessario preparare le condizioni che rendano possibile avviare vere trasformazioni strutturali, capaci di superare le cause dell'ingiustizia sociale, della povertà e del sistema politico autoritario. Mi riferisco a guadagnare i cuori e le menti del popolo, elevare la sua coscienza rivoluzionaria attraverso un'intensa e sistematica lotta di idee e proposte concrete per risolvere i suoi problemi e sofferenze, e costruire una vasta, ramificata e poderosa organizzazione popolare, organizzando e mobilitando un vasto sistema di alleanze sociali e politiche, e legando profondamente l'FMLN al crescente movimento sociale. Infine, rovesciare a nostro favore i rapporti di forza, per trasformare il Paese per il bene della gente».
Ovviamente, è proprio questo scenario a provocare il terrore e la rabbia della destra salvadoregna ed internazionale. Il fatto che reagiscano con tanta belligeranza alla vittoria dell'FMLN è un segno del timore che questo governo possa dare vita ad un processo che metta a rischio l'egemonia delle classi dominanti.
La governabilità, definita dalla Banca Mondiale come «uno stile di governo caratterizzato da un maggior grado di cooperazione e interazione tra lo Stato e attori non statali all'interno di reti di decisioni miste, pubbliche e private» difficilmente si concilia con un processo di cambiamenti rivoluzionari.
La governabilità così intesa è la massima espressione della funzionalità al sistema tradizionale di potere, mentre la rivoluzione è la trasformazione radicale del sistema di potere e di organizzazione di una società.
L'FMLN ha la responsabilità di garantire entrambe le cose. Compito difficile in qualsiasi caso, ancora più difficile se si considera che il piccolo margine della sua vittoria elettorale non facilita un rapporto di forza favorevole.
Le alleanze di Funes e quelle nuove dell'FMLNNel suo libro FMLN: a la Presidencia de la República con Salvador Sánchez Cerén, José Luis Merino, membro della Commissione Politica del FMLN e stratega del partito, spiega come uno dei principali ostacoli incontrati dal governo Funes per avanzare verso maggiori e più profondi cambiamenti sia stato costituito dal ventaglio di alleanze che aveva permesso di togliere il governo dalle mani di ARENA nel 2009. Il presidente Funes era un alleato dell'FMLN, non un suo esponente organico. Come lo era una serie di personaggi ed organizzazioni sociali e politiche di diverse correnti politiche e ideologiche che formavano il movimento Los Amigos de Mauricio (Funes, ndr) e altre forze, che per vari motivi condividevano il desiderio di estromettere ARENA dal governo. Nelle alleanze, sempre si fanno concessioni a forze differenti. Nel caso di Funes, le alleanze hanno implicato che i ministeri economici non fossero affidati ad esponenti dell'FMLN e che non abbiano avviato cambiamenti profondi nelle regole del gioco. Secondo Merino, l'attuale presidenza, composta da dirigenti della sinistra, non dovrà (più) fare quelle concessioni fatte in passato agli alleati.
Secondo Equipo Maíz (un gruppo di educazione popolare salavadoregno, ndr), nel 2013, l'FMLN ha stretto alleanze con una trentina di forze, fra partiti, organizzazioni sociali, gruppi professionali, chiese e categorie imprenditoriali. Tali alleanze sono risultate chiave per vincere le recenti elezioni. E, probabilmente, saranno altrettanto importanti per sviluppare il programma di governo dell'FMLN nei prossimi cinque anni (2014-2019). Viceversa, quali freni porranno tali alleanze al programma democratico, rivoluzionario e socialista dell'FMLN? Difficile da dire.
La consapevolezza della sfidaPer Sánchez Cerén, l'aumento del grado di consapevolezza è una delle maggiori sfide del progetto rivoluzionario. È cruciale riuscire a far breccia nel “pensiero magico”, perché la gente capisca che le sue azioni hanno implicazioni nella realtà. La pensa così Marcos Rodríguez, coordinatore dell'iniziativa nota come Dialogo sul Paese, avviata nell'Aprile del 2013, attualmente impegnato nella definizione del programma di governo: parafrasando Schafik Handal (dirigente dell'FMLN morto nel 2006, ndr) in una recente intervista pubblicata sul periodico digitale La Página, sostiene: «Noi siamo socialisti nel partito. El Salvador diventerà socialista quando la gente lo vorrà, non prima».
La formazione politica e ideologica della società rappresenta una grande sfida per le forze popolari. Il 20 gennaio 2010, il quotidiano El Mundo pubblicò un articolo in prima pagina dal titolo Sondaggio: la popolazione rifiuta il socialismo, in cui si leggeva: Un sondaggio dell'Università Tecnologica rivela che il 78,9% dei salvadoregni respinge il socialismo del XXI secolo, dando così l'idea di un antagonismo fra l'ideologia dell'FMLN e la volontà popolare. Tale immagine è falsa perché elude il fatto che la “volontà popolare” è un costrutto culturale alimentato dalle forze egemoni nel Paese e in tutto il mondo da oltre 500 anni.
Nessuna rivoluzione è stata fatta con il consenso del 100% di una società, né con l'attiva partecipazione del 100% delle classi subalterne, proprio perché la trasformazione di tale coscienza è uno degli obiettivi dei processi rivoluzionari. Tale consapevolezza è un punto di arrivo, non di partenza. Tuttavia, siccome i processi sono dialettici e la via attuale di lotta elettorale richiede un consenso più ampio che altre vie, la costruzione di una coscienza alternativa diventa un tema di prima grandezza.
ARENA non ce l'ha fattaLo slogan della campagna elettorale di ARENA la diceva lunga sui suoi propositi e preoccupazioni: “Ricupereremo El Salvador”. Per l'oligarchia, ciò avrebbe significato briglie sciolte per continuare nel processo di accumulazione. Avrebbe comportato il controllo dei tre poteri dello Stato. Ed ad i suoi rappresentanti nello Stato avrebbe dato carta bianca per la corruzione.
Non ce l'ha fatta, però, a recuperare El Salvador. Il cammino verso una società più giusta resta aperto. Sabato 15 Marzo, centinaia di migliaia di salvadoregni hanno festeggiato in piazza Masferrer, cuore dell'oligarchia, per dire che per i prossimi cinque anni sarà ancora il “turno della vittima” (parafrasando il poema El turno del ofendido del salvadoregno Roque Dalton, ndr), nel Pollicino d'America.