NICARAGUA / 2014: non è stato un anno qualsiasi
Redazione di envío/Managua. Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.
Il petrolio venezuelanoLe ingenti risorse che il Nicaragua ha ottenuto grazie all'accordo petrolifero con il Venezuela e ad altre espressioni della cooperazione di Caracas sono state la chiave del successo politico di Ortega. Il governo del Venezuela gli ha garantito risorse sia per finanziare programmi sociali sia per espandere significativamente l'accumulazione capitalistica del gruppo imprenditoriale dell'FSLN, che tesse le proprie, crescenti fortune con le aziende del gruppo ALBANISA (acronimo che sta per Alleanza Boliviariana per le Americhe, Nicaragua, Società Anonima, ndr). A sua volta, questo petrolio, venduto a condizioni assai favorevoli, è stato strategico per garantire stabilità all'economia del Paese. Che cosa ne sarebbe stato di Ortega, senza Chávez? E cosa ne sarebbe stato del Nicaragua senza la generosità di Chávez?
Nel 2014, la scena ha cominciato a cambiare. Hanno cominciato ad apparire “vacche magre” all'orizzonte. A metà anno, il governo ha dovuto riconoscere il rallentamento economico, che si era cominciato a manifestare già dal primo trimestre dell'anno. Lo ha correttamente attribuito agli effetti della siccità che ha colpito il Paese nei primi mesi dell'inverno – la più grave degli ultimi 50 anni –, alla caduta dei prezzi dei principali prodotti di esportazione nicaraguensi e alla lenta ripresa dell'economia globale. Tra Gennaio e Luglio, i prezzi alimentari sono aumentati di quasi il 20%, secondo dati del Banco Central.
Il 2014 si è concluso confermando tale tendenza. In Agosto, appena due mesi prima di concludere la sua attuazione, il governo si è visto costretto a tagliare di oltre 3 miliardi di córdobas (circa 8,6 milioni di euro, ndr) il bilancio del 2014, in un'operazione di aggiustamento denominata Piano B.
La “mucca” più magra di tutte apparsa quest'anno è la crisi economica – e, pure, politica – del Venezuela. L'ampiezza delle proteste studentesche all'inizio del 2014 ha rivelato la fragilità di un modello politico che risponde con retorica ideologica ai problemi generati da un modello economico che ha collassato la struttura produttiva di quel Paese.
A fine anno, la situazione venezuelana è stata complicata dalla caduta rovinosa dei prezzi internazionali del petrolio. La proposta di Maduro all'OPEC – l'Organizzazione dei Paesi Produttori di Petrolio – di ridurre la produzione per mantenere alti i prezzi non ha trovato eco e il Venezuela ha dovuto cominciare a tagliare la spesa pubblica. Dall'andamento del prezzo del petrolio, cuore dell'economia venezuelana e della cooperazione venezuelana con il Nicaragua, dipenderà quanto sarà facile, o difficile, per il governo “ingrassare le vacche magre”.
I generosi flussi della collaborazione venezuelana spiegano molto del successo politico di Ortega. Un'altra spiegazione sta nella strategia di neutralizzazione di quanti furono i tre suoi più acerrimi nemici negli anni '80: la grande impresa privata, la gerarchia della Chiesa Cattolica e il governo degli Stati Uniti.
Il grande capitaleNel 2014, si è ulteriormente consolidata l'alleanza tra il governo e l'élite imprenditoriale basata su un reciproco timore: entrambe le parti vogliono evitare a tutti i costi che si ripeta l'estenuante confrontazione degli anni '80. Tuttavia, la relazione corporativa tra governo e grande capitale non è esente da tensioni sul versante imprenditoriale per l'eccessiva burocrazia dei permessi che complica qualsiasi pratica, per le tangenti che gravano sugli affari, per i regolamenti inutili, per la concorrenza sleale nell'assegnazione di appalti pubblici, per la corruzione...
La nuova riforma alla Legge di Concertazione Tributaria, che il Consiglio Superiore dell'Impresa Privata (COSEP) ha “cucinato” con il governo per un anno e mezzo, escludendo da tale iter altri settori sociali e produttivi, rappresenta un palliativo, dal momento che, tra le altre misure, la riforma prevede la validità indefinita delle esenzioni ed esonerazioni che favoriscono i grandi imprenditori del Paese, mentre grava sulle piccole e medie imprese.
La “neutralizzazione” del potere imprenditoriale ha dato risultati, ma non nasconde la realtà. Il 2014 ha evidenziato l'incertezza che i grandi imprenditori hanno sulla direzione del Paese e sulla loro visione di futuro, il che si riflette nella riduzione degli investimenti privati interni.
La gerarchia cattolicaLa gerarchia della Chiesa Cattolica ha occupato la scena il 21 Maggio 2014, quando ha presentato ad Ortega ed al Paese un ampio e ben articolato documento intitolato Alla ricerca di nuovi orizzonti per un Nicaragua migliore, nel quale i vescovi prendono posizione, esprimono preoccupazioni e offrono interessanti contributi su temi importanti, quali: i diritti umani, l'istituzionalità politica, la famiglia, le questione sociale, la situazione nella Costa Caraibica... In ragione del suo contenuto, del tono e del momento in cui è stato reso pubblico, tale documento, che traccia una sorta di “rotta” per la Chiesa Cattolica, ha segnato una svolta nelle relazioni con il governo.
In quel testo, i vescovi hanno avanzato a Ortega due proposte concrete: «La realizzazione di un Grande Dialogo Nazionale che coinvolga tutti i settori del Paese» e «una profonda riforma politica di tutto il sistema elettorale». Inoltre, «con tutto il rispetto che offra la sua parola d'onore, di garantire nel 2016, in Nicaragua, un processo elettorale assolutamente trasparente ed onesto, con nuovi e onorevoli membri alla guida del Consiglio Supremo Elettorale, nel quale brilli, senza dubbio alcuno, la volontà popolare».
Quel documento, cui Ortega non ha mai risposto, dimostra come la gerarchia della Chiesa Cattolica non sia affatto “neutralizzata”. Per questo, il governo continua ad aumentare il generoso sostegno alle parrocchie, finanziando feste patronali e altre attività religiose, il che indica che la strategia di neutralizzazione non viene comunque meno.
Stati Uniti: relazioni più fredde?Il 2014 si è concluso con la vittoria dei repubblicani (nelle elezioni di mid-term, ndr) che hanno raggiunto la maggioranza in entrambe le camere del Congresso. Iniziano così due anni, 2015 e 2016, preelettorali tanto negli Stati Uniti come in Nicaragua, con un governo a Washington condiviso fra democratici e repubblicani, visti i poteri che il Congresso ha in negli USA.
Ma, è ancora neutralizzato “l'impero”? L'ex ambasciatore nicaraguense negli Stati Uniti, Francisco Aguirre Sacasa, buon conoscitore della politica statunitense, ha così commentato le relazioni tra Managua e Washington in un'intervista con il periodico digitale Trinchera de la Noticia: «Ho sempre detto che le relazioni tra l'amministrazione Obama e il governo del comandante Ortega sono corrette, ma non cordiali. Ho anche detto che Daniel non ha amici a Washington in alcuno dei due partiti, perché si ha la percezione che sia antiamericano per la sua retorica, per come vota nei fori internazionali quali l'Organizzazione degli Stati Americani e le Nazioni Unite, per i suoi Paesi amici, Venezuela, Russia e Iran. E perché si ha la percezione che stia minando la democrazia in Nicaragua. Penso che in termini geopolitici il subcontinente latinoamericano non sia una priorità per Washington, e meno ancora lo sia il Nicaragua. Credo anche che il risultato delle (recenti, ndr) elezioni vinte dai repubblicani potrebbe ulteriormente raffreddare le relazioni con il Nicaragua».
Resta da vedere se un settore di repubblicani, oggi in maggioranza, non intenda promuovere relazioni, più che fredde, gelide con il Nicaragua e altri paesi dell'ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe). Bisognerà vedere come si svilupperà il nuovo governo di “coabitazione” democratico-repubblicano. Al momento, una delle prove che Ortega non ha amici in alcuno dei due partiti è il fatto che, nonostante l'intenso lavoro di lobby, il Nicaragua non ha ottenuto alcun sostegno per prorogare le vantaggiose condizioni tariffarie previste dal TPL (Tariff Preference Level, accordato dagli Stati Uniti e che favorisce soprattutto le maquiladoras, ndr), il che significa circa 7 mila posti di lavoro persi nel settore tessile delle zone franche a partire dal Gennaio 2015.
Altre chiavi di successoAnche se il governo Ortega, dal 2007, ha dato priorità alla neutralizzazione di questi tre poteri – grande capitale, alta gerarchia, impero – ha cercato anche di “neutralizzare” quei settori della società con diversi meccanismi di controllo. Raccogliendo successi in tal senso.
La disunione dell'opposizione organizzata nei partiti, la passività di buona parte della popolazione che non simpatizza con il governo, la dipendenza che il governo è andato creando con i suoi nuovi simpatizzanti nei settori più poveri, la fedeltà su cui conta fra quanti sono sempre stati con il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), la certezza che la classe politica è debole o comprabile, nonché l'intreccio di leggi che ha tessuto con la maggioranza parlamentare che si è fabbricato nelle elezioni del 2011, sono tutti fattori che hanno portato Ortega ad affermare con entusiasmo, nel Giugno di quest'anno, che «l'FSLN continuerà a governare per decenni».
Rancho Grande: no alla minieraCiononostante, il 2014 ha visto focolai di resistenza al modello che si sta imponendo.
Uno di questi è l'attiva resistenza di migliaia di abitanti del municipio di Rancho Grande, Matagalpa (nel parte centro-settentrionale del Paese, ndr), organizzatisi come “I Guardiani di Yaoska” (località della zona, ndr), che rifiutano fermamente il progetto “Pavón”, vale a dire una miniera d'oro a cielo aperto, in cui è impegnata la poderosa impresa mineraria canadese B2Gold, con il chiaro sostegno del governo. Le intimidazioni ai danni dei leaders locali che si oppongono al progetto, che vedono coinvolti sindaco, polizia ed esercito, riflettono l'alleanza oggi esistente tra il governo Ortega e le multinazionali straniere. Carlos Siles, coordinatore dei citati “Guardiani”, afferma: «L'impresa mineraria sta ingannando la gente. Arriva nelle comunità con brigate mediche ed in cambio di servizi sanitari chiede una firma e la carta d'identità, senza dire quale sia lo scopo della raccolta delle firme, che è il sostegno del progetto». Un altro “guardiano” di questo movimento popolare, Elorgio Dávila, dichiara: «Cercano il consenso sociale con qualsiasi mezzo. Sono insistenti con le persone, ma la nostra posizione è: non è con confetti o caramelle che ci compreranno, e nemmeno con 20 mila córdobas!» (circa 530 euro, ndr).
Il 27 Novembre, nella messa di commemorazione a Matagalpa per i 90 anni di quella diocesi, davanti a circa 10 mila persone, il vescovo Rolando Álvarez ha pronunciato una vibrante omelia in cui ha respinto il progetto minerario e chiesto «un referendum sociale autenticamente democratico, persona per persona, che coinvolga tutta la popolazione, e solo quella, di Rancho Grande».
Il prelato è fiducioso che, nonostante il consenso di parte degli abitanti del posto al progetto minerario, una consultazione trasparente rivelerebbe come la maggioranza non lo approvi, data la distruzione ambientale che esso comporterebbe in quel territorio. Il vescovo Álvarez ha ribadito il contenuto del documento del Marzo 2013 sottoscritto dal clero matagalpino ed esortato la compagnia mineraria «a desistere con umiltà» dal progetto.
La “pulizia” della costa caraibicaIl ripristino dei diritti delle comunità indigene stabilito dalla legge 445 del 2003 riguarda la proprietà comunitaria dei loro territori ancestrali.
Tale processo era previsto in cinque fasi. Dopo la richiesta della comunità, andavano risolti i conflitti interni al territorio, quindi, misurato il territorio, si procedeva a delimitarlo, eppoi a sancire legalmente la sua proprietà. A metà 2011, queste quattro fasi erano state portate a termine e il processo si poteva dire avanzato. Tuttavia, manca ancora la quinta fase, l'ultima e più complessa: il cosiddetto saneamiento: vale a dire, lo sfollamento da quelle terre delle popolazioni non indigene e meticce, e dei coloni ispano-parlanti, che vi si sono stabiliti in epoche recenti. Oppure, una negoziazione con gli stessi per concordare un'armoniosa convivenza in quei territori che, comunque, non sarebbero più stati di loro proprietà.
Tale processo è estremamente complesso per il partito di governo. Si sviluppa in aree fortemente polarizzate durante la guerra civile degli anni '80 e tra popolazioni – indigene e meticce – che pure sperimentarono quella polarizzazione. Per questo motivo, il saneamiento non fa passi avanti.
Impazienti per la lentezza e per quella che alcuni considerano la negligenza del governo nel far rispettare la legge, in Settembre, alcune comunità di Layasiksa hanno bruciato le case di 38 famiglie meticce, invitando altre comunità a fare altrettanto. In Novembre, dieci comunità indigene hanno ripetuto tale autosaneamiento, bruciando 50 case di coloni in Tungla e sequestrando per una settimana una settantina di meticci. Dopo questi fatti, settanta rappresentanti delle popolazioni originarie dei Caraibi sono andati a Managua, la capitale, per sollecitare un dialogo con il governo centrale, esigendo rispetto per la proprietà indigena e sostegno al saneamiento. Nessuno del governo centrale li ha ricevuti.
«Con le famiglie che da molti anni vivono all'interno dei territori indigeni siamo d'accordo. La legge concede loro alcuni diritti a vivere lì. Ma, nel Pacifico, ci sono persone che hanno grandi capitali, proprietari terrieri e allevatori che arrivano nella Costa, comprano parecchie terre e cambiano l'uso dei suoli, che perdono la loro vocazione forestale e diventano pascoli per il bestiame. Molti di questi meticci non aspettano altro che le comunità indigene abbiano i loro titoli di proprietà per iniziare a fare affari, comprando le loro terre e foreste, ed appropriarsi così delle loro risorse naturali. Con questi non andiamo d'accordo. La delimitazione e la titolazione legale dei territori ancestrali tradizionalmente occupati dai popoli indigeni è un diritto che abbiamo conquistato e che nessuno ci toglierà», ci ha detto Ceferino Wilson, indigeno mískito.
I gruppi armatiIl 2014 ha confermato la presenza di gruppi armati con motivazioni politiche in diverse aree del Paese, realtà che il governo si resiste a negare.
In un incontro con envío, la sociologa Angelica Fauné ricordava, mesi fa, la resistenza che la cultura autoritaria del governo rivoluzionario ha causato nello scontro con la cultura contadina; aggiungendo: «I tempi sono molto cambiati e anche se lo Stato ora non confisca più, né è latifondista, in alcune zone rurali le imprese di ALBA (create grazie ai capitali venezuelani nel quadro dell'Alleanza Bolivariana per le Americhe, ndr) appaiono monopoliche come i grandi proprietari terrieri. Nelle zone contadine del Paese è una costante che quanti abbiano legami con il governo e le sue autorità godano di evidenti vantaggi nella rete commerciale che intermedia i prodotti agricoli e abbiano acquisito un crescente potere nel commercio di granaglie. Il brodo di cultura politica per ravvivare la memoria collettiva e per far sì che il malcontento, la frustrazione e la rabbia spingano alla lotta armata non manca di certo. La chiusura degli spazi democratici per manifestare la libertà di espressione, movimento, riunione e organizzazione si sente a livello locale con ancora più forza rispetto a quello nazionale. Inoltre, nelle campagne sono maggiori la paura e l'impunità... L'imposizione dell'egemonia sandinista è qualcosa che turba ancora oggi nel Nicaragua contadino».
La risposta autoritaria e militare, ma non politica, del governo, che reprime le espressioni di malcontento, equivale a scherzare col fuoco, le cui braci ardono ancora sotto la cenere. Si tratta di un'opzione che riapre ferite mai chiuse in Nicaragua.
La resistenza contro il canale interoceanicoNell'ultimo trimestre dell'anno è stato il megaprogetto di canale interoceanico a causare le maggiori resistenze. Se nel 2013 è stata data la concessione canalera e approvata la legge 840, che consegna di fatto il Nicaragua all'imprenditore cinese Wang Jing, il 2014 è stato, soprattutto a partire dal secondo semestre, l'anno del canale.
Dopo la visita in Nicaragua di Wang Jing, in Luglio, per fornire nuovi dati sul megaprogetto, a partire da Agosto, tecnici dell'Istituto di Valutazione delle Terre della Repubblica Popolare Cinese si sono presentati alla porta di centinaia di famiglie delle zone rurali di Rivas, Nueva Guinea, Chontales, Caribe Norte, Río San Juan e Ometepe, per misurare le terre e avvisare i loro proprietari, mediante interpreti, che dovranno lasciarle, per far spazio al canale o ad altri progetti, anch'essi dati in concessione all'impresa HKND.
In una quindicina di manifestazioni, che hanno coinvolto oltre 20 mila persone, contadini, casalinghe, commercianti, produttori, studenti e indigeni, alcuni sostenitori dell'FSLN, altri legati negli anni '80 alla Contra (che per i contras era la Resistencia, ndr) hanno gridato il loro rifiuto a vendere le loro terre, respinto il progetto di canale, bollato Daniel Ortega come un “vendepatria” ed espresso la volontà di difendere la sovranità nazionale, rivendicando la memoria del generale Sandino: se questi, ieri, ha combattuto contro gli invasori yankees, ora si tratta di lottare contro gli “invasori cinesi”, è stato uno degli slogan più gridati.
Il governo non ha represso le manifestazioni contro la legge che istituisce il Canale. Si è limitato a infiltrarle con agenti di sicurezza che prendevano foto dei suoi partecipanti. Da settimane, i portavoce del progetto canalero annunciavano l'imminente presentazione da parte dell'impresa cinese di “progressi” negli studi di fattibilità del progetto e, per quanto riguarda la società di consulenza in campo ambientale ERM – contrattata dall'impresa cinese in un evidente conflitto di interessi – di altrettanti “passi avanti” negli studi ambientali.
Pur non disponendo degli stessi e sotto la pressione dei cortei di protesta, il governo ha deciso di convocare, il 20 Novembre, una giornata informativa di otto ore consecutive in cui HKND e ERM, in un clima di grande formalità, con Laureano Ortega Murillo (figlio di Daniel Ortega e Rosario Murillo, ndr) in funzioni di moderatore, hanno ribadito i dati generali del progetto senza presentare alcun progresso negli studi. Piuttosto, hanno continuato a infondere incertezze, dubbi e perplessità, riuscendo solo a convincere alcuni rappresentanti del grande capitale nicaraguense, che sognano di ricevere contratti dalla HKND.
Quel giorno, l'impresa concessionaria ha dichiarato che gli studi ambientali non saranno pronti prima dell'Aprile 2015. Ciononostante, il governo ha annunciato per il 22 Dicembre, come “regalo di Natale”, l'inaugurazione delle prime opere del Canale Interoceanico, a partire dalla costruzione delle prime istallazioni del porto di Brito, sul Pacifico, da cui dovrebbero sbarcare i pesanti macchinari per scavare il canale.
L'evento non solo non ha apportato alcun passo avanti, ma ha reiterato una serie di amenità, dando l'impressione che la volontà politica di andare avanti con questo folle progetto si imporrà su qualsiasi considerazione di fattibilità ambientale o di redditività commerciale e finanziaria, la qual cosa dimostra grande irresponsabilità e mancanza di etica.
Un incontro scientifico di livello internazionaleDieci giorni prima di tale evento, l'Accademia delle Scienze di Nicaragua ne ha promosso un altro, di portata storica, presso l'auditorium dell'Università Centroamericana, intitolato al suo ex rettore, il gesuita César Jerez.
Gli scienziati nicaraguensi appartenenti all'Accademia, consapevoli del fatto che, una volta realizzato il Canale, «è in gioco il destino del Nicaragua nei prossimi cento anni», hanno invitato a Managua scienziati della Rete Interamericana delle Accademie delle Scienze (IANAS), che dal 2004 riunisce venti accademie delle scienze d'America, nonché scienziati del Consiglio Internazionale per la Scienza - Ufficio Regionale per l'America Latina e i Caraibi (ICSU-ROLAC) – ICSU, sorto oltre 80 anni fa, ha rappresentanze in tutti i Paesi del mondo – per discutere le questioni scientifiche e tecniche di maggiore rilevanza nel progetto di canale.
Selezionati da IANAS, sono giunti in Nicaragua 15 scienziati internazionali, esperti mondiali in diverse discipline legate al progetto, che hanno sviluppato una discussione multidisciplinare.
L'impresa HKND, l'agenzia di consulenza ERM e le autorità del governo legate al progetto di canale sono state invitate ad esporre le loro tesi in questo evento scientifico. Ma si sono rifiutate a farlo. Sono state, pure, invitate a partecipare in qualità di osservatori ai due incontri aperti al pubblico. Ma nemmeno quest'invito è stato accolto. Sono state allora invitate a discuterne in privato con gli esperti, ma anche questa ipotesi è stata rifiutata.
Ponendo domande e individuando gli ostacoli, ammettendo la grandezza di questo progetto nell'affermare che il Canale Interoceanico in Nicaragua sarebbe, se si concretizzasse, l'opera di ingegneria più grande della storia umana, data la sua enorme complessità e in considerazione dei rischi, queste voci della comunità scientifica internazionale hanno chiesto all'attuale governo di presentare le prove che tale opera è viabile, redditizia e compatibile con lo sviluppo del Nicaragua e con il massimo rispetto per l'ambiente.
Un serio problema di sicurezzaFra le opinioni degli esperti, hanno suscitato particolare attenzione del pubblico, che ha riempito l'aula magna della UCA in entrambe le occasioni, quelle di Anthony Clayton, esperto di sviluppo sostenibile e consulente di importanti organizzazioni internazionali. Secondo Clayton, rispetto all'80% delle informazioni disponibili sul traffico commerciale nel mondo il progetto di canale in Nicaragua appare «privo di senso». Date le dimensioni e le difficoltà di tale progetto, ha pronosticato, i suoi costi potrebbero lievitare a 120 miliardi di dollari, il che mette in dubbio la sua redditività.
Clayton ha, poi, sottolineato che, trovandosi il Nicaragua nell'epicentro di una delle regioni più violente del mondo, in cui vi è una corruzione generalizzata ed ingenti traffici di droga e armi, non si può escludere che l'apertura di questa nuova rotta commerciale non venga utilizzata anche dalla criminalità organizzata per i suoi loschi affari, essendo peraltro noti i legami tra cartelli latinoamericani e le mafie cinesi. In tal senso, ha aggiunto Clayton con preoccupazione, il megaprogetto rende il Nicaragua molto vulnerabile e colloca il Paese in un serio problema di sicurezza.
Al termine dell'evento scientifico, in merito al quesito posto da alcuni partecipanti sul ruolo che la comunità scientifica internazionale svolgerà d'ora in avanti rispetto al progetto di canale, il coordinatore del dibattito, il prestigioso scienziato nicaraguense Pedro José Álvarez, ingegnere ambientale, docente in varie università statunitensi e membro dell'Accademia delle Scienze di Cina, ha risposto che la missione degli scienziati a Managua è servita ad identificare gli aspetti più problematici del progetto, quelli che ha definito «le uova marce».
Il cileno Hernán Chaimovich, professore dell'Università di São Paolo (Brasil), ha chiuso l'evento riaffermando l'impegno di tutti nel lasciare Managua: diffondere nelle istituzioni scientifiche di appartenenza quanto visto e udito. «Gli scienziati di queste reti internazionali – ha affermato – non interferiscono negli affari interni di un Paese e, dunque, nemmeno in quelle del Nicaragua. Ma faranno capire al mondo dove sono, che odore emanano e di che colore sono le uova marce», in una chiara allusione a quanto dichiarato da Pedro José Álvarez.
Nelle interviste con i media nazionali, quest'ultimo, buon conoscitore dell'economia cinese e dei suoi progetti all'estero, ha ribadito ancora una volta quanto disse in occasione della firma della legge sul canale, nel 2013: «La mia preoccupazione principale è che si inizi qualcosa che non avrà fine. Temo che taglino il Nicaragua in due parti e che lo lascino così, sventrato e scollegato da una parte all'altra».
Subentra l'angustiaNonostante i timori che suscitano le domande poste dagli scienziati sul progetto di canale, questo continua ad essere presentato come “una benedizione”. Dopo il terremoto dell'Aprile di quest'anno, che ha scosso gran parte del Paese, con repliche che si sono protratte per diversi giorni, sembra aver preso piede nel governo una “strategia della tensione”, esplicita nei messaggi che la popolazione riceve quotidianamente dalla voce della Primera Dama, vale a dire di Rosario Murillo, tramite tutti i media ufficiali, che sono la maggioranza.
Riferire quotidianamente il numero di persone che si ammalano di dengue o di chikungunya; informare dettagliatamente su tutte le repliche sismiche avvertite nel giorno, in un Paese dove esse sono normali; diffondere previsioni meteo su piogge o tormente in arrivo; dare segnali di allerta gialli o rossi su possibili disastri; divulgare rapporti sull'epidemia di Ebola; condire queste e altre disgrazie con riferimenti religiosi alla benedizione speciale che proteggerebbe il Nicaragua da tutte queste calamità, giacché «nella fede, nella famiglia e nella comunità» il Paese avanza «condotto per mano da Dio» ed «unito tra le braccia di Maria»; tutto ciò cerca di temperare l'ansia e la paura che quelle stesse notizie causano, accreditando l'idea che quanti governano godono di una certa connessione divina, che sanno ciò che è bene per la popolazione, che hanno cura per la stessa e sono sempre pronti ad aiutarla di fronte a qualsiasi problema, per grave che sia.
Al clientelismo, al populismo e all'assistenzialismo che caratterizzano il governo nella sua relazione con la maggioranza povera, a partire dal 2014 va aggiunta, dunque, tale strategia ansiogena, sparsa a piena mani, che provoca un altrettanto diffuso infantilismo.
Tali messaggi quotidiani mai includono riferimenti ai problemi più gravi del Paese, ma distolgono l'attenzione dalle scandalose disuguaglianze sociali ed economiche, che il progetto di Ortega ha reso più acute, così in contrasto con il progetto che Gesù chiamava “regno di Dio”, cui pure la Presidenza della Repubblica dice di ispirarsi.
Un altro gioco con altre regoleFinisce il 2014, non un anno qualsiasi. Mai come quest'anno è risultato evidente quanta importanza avesse per il progetto politico di Ortega la frode elettorale del Novembre 2011, non solo perché grazie ad essa è stato rieletto alla presidenza violando la Costituzione, ma anche per la maggioranza parlamentare che ne è scaturita.
Il 10 Febbraio 2014, è entrata in vigore una nuova Costituzione, approvata rapidamente dalla maggioranza dei deputati seguaci di Ortega. Anche se definita “riforma”, – invero, la nona dal varo della Costituzione nel 1987 – più che di modifiche puntuali di singoli articoli si tratta di «un cambiamento delle regole della democrazia», nelle parole dell'Istituto di Studi Strategici e Politiche Pubbliche in una sua recente ricerca. Nella nuova Costituzione molte delle “carte” utilizzate nel suo gioco dal governo Ortega-Murillo sono state sancite costituzionalmente.
La nuova Costituzione concentra il potere come non mai nelle mani dell'Esecutivo e costituzionalizza un modello corporativo Esecutivo-grande capitale, che esclude la maggioranza dei settori sociali. Le riforme costituzionali favoriscono «l'insediamento e la perpetuazione di un potere assoluto a lungo termine, esercitato da una persona o da un partito in forma dinastica, o mediante un'oligarchia politica ed economica». Così hanno riassunto i suoi contenuti i vescovi nicaraguensi.
Attrarre l'esercito nel suo progetto politico al fine di riallinearlo è stato il passo successivo. Con altrettanta fretta, nel 2014, è stato, infatti, riformato e approvato il nuovo Codice Militare. «A mio giudizio, quanto di più pericoloso e delicato sia occorso da quando Ortega è arrivato al governo», ha sostenuto Mónica Baltodano, già comandante guerrillera, in un incontro con envío.
A metà 2014, è stato portato a termine il cambiamento delle regole del gioco istituzionale, quando la maggioranza parlamentare del partito di governo ha approvato con analoga rapidità e senza dibattito, la nuova legge sulla Polizia Nazionale. Annullato il ruolo di mediazione delle istituzioni civili – Ministero della Difesa e degli Interni (Gobernación) – l'Esecutivo è uscito da queste riforme rinsaldando i vincoli con le istituzioni armate del Paese.
Alle porte del 2015Fin qui, alcune note di quel che ci ha portato l'anno che si chiude. Cosa ci aspetta il 2015? Quando ci toccherà di scrivere il bilancio del nuovo anno, cosa diremo? Difficile da immaginare.
Sappiamo che, inevitabilmente, sarà un anno pieno di politica pre-elettorale. In un Paese che rischia di essere diviso in due da un canale con una società già estremamente polarizzata, a causa di un modello politico ed economico che favorisce abissi di disuguaglianza e promuove un pensiero unico al quale ormai tendiamo a rispondere con un pensiero altrettanto unico, in un Paese che non riesce a mettersi d'accordo su quasi nulla, uno dei consensi più ampi si registra sulla necessità e urgenza che le elezioni del 2016 siano arbitrate in maniera trasparente, giusta ed onesta. È necessario per la pace nel Paese. Potranno essere oneste e giuste, se persisteranno le condizioni che abbiamo vissuto quest'anno? Speriamo che qualcosa di buono ci porti l'anno nuovo.