«Abbiamo fatto germinare le nostre idee per imparare a sopravvivere in mezzo a tanta fame, per difenderci da tanto scandalo e dagli attacchi, per organizzarci in mezzo a tanta confusione, per rincuorarci nonostante la profonda tristezza.
E per sognare oltre tanta disperazione.»


Da un calendario inca degli inizi della Conquista dell'America.
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EL SALVADOR / La questione indigena non è cosa del passato

«L'attuale governo vuole essere il primo, per conto dello Stato salvadoregno, a fare un atto di contrizione e chiedere scusa alle comunità indigene per la persecuzione e lo sterminio che hanno sofferto per tanti anni. A partire da oggi, mettiamo fine ufficialmente alla negazione storica della diversità dei nostri popoli». Con queste parole, il 12 Ottobre 2010, il governo Funes avviò un cambiamento sostanziale nel rapporto con i popoli indigeni. Da allora, ci sono stati passi avanti importanti, ma molto resta da fare.

Di Elaine Freedman, educatrice popolare, corrispondente da El Salvador.
Traduzione e redazione di Marco Cantarelli.

Il 22 Gennaio scorso, una commemorazione ha ricordato l'insurrezione e il massacro di indigeni e contadini, avvenuto nel 1932. Tre giorni dopo la cattura, fra gli altri, di Farabundo Martí, Alfonso Luna, Mario Zapata – dirigenti del movimento, ndr –, migliaia di salvadoregni, per lo più indigeni, armati di machetes e picconi, alcuni fucili Mauser e poche altre pistole, occuparono una dozzina di villaggi nell'Ovest del Paese: Izalco, Nahuizalco, Sonzacate, Salcoatitán e Juayúa, nel dipartimento di Sonsonate; Tacuba, nel dipartimento di Ahuachapán; Teotepeque, Colón, Armenia e Tepecoyo, in quello di La Libertad. Tentarono anche di prendere le caserme dei capoluoghi dipartimentali di Sonsonate, Ahuachapán e Santa Tecla, per la qual cosa bloccarono le vie di accesso e tagliarono le comunicazioni. Nei villaggi occupati, i ribelli insediarono come sindaci i candidati del Partito Comunista, che erano rimasti vittime di frodi elettorali o la cui elezione era stata annullata nelle elezioni svoltesi 19 giorni prima, il 3 Gennaio del '32. A Juayúa, Francisco Sánchez, leader dei ribelli, raccolse tutti gli atti di proprietà e preparò un piano per consegnare la terra agli indigeni.

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